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Monsignor Bettazzi: "Francesco è pronto a dare le dimissioni, ma teme il conclave"

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«Benvenuti, ci incontriamo prima che Papa Francesco dia le dimissioni». Esordisce così, monsignor Luigi Bettazzi, nell’accoglierci nella sua Comunità al Castello di Albiano d’Ivrea. Vescovo emerito dell’Eporediese, 99 anni d’età. Fu lui a prevedere le dimissioni di Benedetto XVI nel 2013. Ed è sempre lo stesso lucido, ironico e riflessivo sacerdote a mettere in conto anche quelle di Papa Francesco. A poche ore dai funerali di Joseph Ratzinger. «Francesco ha capito che in termini di rinnovamento gli hanno lasciato tutto ciò che potevano lasciargli fare. Lo frena solo la preoccupazione di come possa andare il conclave».

Monsignor Bettazzi, Papa Francesco è pronto a dimettersi? «Temo che Papa Francesco non tardi a dare le dimissioni perché si sente molto limitato, anche per via della carrozzella. Seconda ragione, credo si sia reso conto che quanto poteva fare lo ha fatto e non gli lasceranno fare di più. Lui ha il grande timore di spaccare troppo la Chiesa e ha proposto un rinnovamento, oltre cui, non vuole forzare la mano».

Quando si dimetterà? «Potrebbe non tardare molto, aspettava morisse Ratzinger».

Troppi due pontefici? «Nonostante tutti i suoi meriti, su Ratzinger c’è da dire che il fatto di continuare a vestirsi da Papa e farsi chiamare Benedetto XVI, qualche problema può averlo creato. Ma Francesco ha già detto che non sarà Papa emerito. Sarà l’emerito Vescovo di Roma, vestirà da cardinale e confesserà i fedeli».

Pensa che Benedetto XVI abbia voluto in qualche modo “vigilare” sull’operato di Francesco? «No. Credo che sia stata una scelta dettata più dal fatto che gli erano rimasti solo vestiti bianchi. A essere onesti, però, ha fatto capire in tutti i modi che il Papa era Francesco».

Nel 2005, Bergoglio e Ratzinger si contesero la successione a Giovanni Paolo II… «Ratzinger era considerato un po’ conservatore perché era Prefetto della dottrina della fede. Quando qualcuno ha fatto capire di volere un rinnovamento, dirottando su Bergoglio pare sia stato il cardinal Martini ad annunciargli che, alla fine, sarebbe uscito Ratzinger come Papa. Suggerendogli di ritirarsi subito».

Negli stessi anni Bergoglio avrebbe confessato a una cugina di Torino d’aver paura di diventare Papa e così finire in un nido di vipere… «Questo non lo so. Ma so che conosceva quali e quanti imbrogli ci fossero a Roma: proprio quelli che hanno costretto Benedetto XVI a dare le dimissioni. Per cui potrebbe aver detto “finire dentro un covo di serpi così…” . Capisco che avesse un grande timore e poi ha accettato solo per accettazione della volontà di Dio».

Questi anni di Francesco sono stati anni di rinnovamento? «Certo. Sono proprio gli scherzi che fa lo Spirito Santo. Come alla morte di Pio XII si pensò ad un Papa di “transizione” e guardi che transizione c’è stata con Roncalli».

Con Bergoglio è andata così? «Dieci anni fa non si volle puntare su un italiano o, comunque, un europeo perché avrebbe potuto avere troppi “contatti” con il Vaticano. Così i cardinali pensarono di andare a prenderlo alla fine del mondo e anche i nordamericani insistettero per Bergoglio. Per poi pentirsi».

Bergoglio è riuscito a conciliare la grande paura dei conservatori rispetto alla “teologia della liberazione” con una Chiesa ancora dogmatica, nonostante le aperture. Pensa sia il primo passo di una rivoluzione? «Sì perché è l’attuazione del Concilio. Lui è il primo Papa che non c’era e lo applica. Ratzinger, invece, partecipò da teologo insieme con l’allora cardinale di Colonia. Ma direi che il Concilio poi è stato un po’ soffocato da quelli che non l’avrebbero voluto».

E qual è la “rivoluzione” di Papa Francesco? «Il Concilio ha aperto la Chiesa ai vescovi. Lui la apre alla “sinodalità” di tutti i cristiani. Uno sviluppo di quell’idea: non una “società perfetta” con in capo il Papa e i vescovi, ma l’insieme del popolo di Dio. Per dare valore ad ogni battezzato all’interno della Chiesa. E poi Francesco parla di una Chiesa dei poveri e non solo per i poveri. La “pastorale” di Papa Francesco è uno sviluppo del Concilio Vaticano II».

Benedetto XVI è stato solo un conservatore? «Veniva considerato così, ma in realtà era fedele al Concilio. Aveva paura che qualcuno esagerasse un po’ ma lui, ad esempio, ha approvato lo studio dei teologi sul “limbo” e lo ha cancellato. Aprendo il paradiso a chiunque nasca nel mondo di Gesù, ogni persona infatti nasce in grazia di Dio».

Dei passi avanti li ha fatti, specie nell’ultimo periodo del pontificato e nonostante gli scandali che lo hanno portato a dimettersi. Non trova? «Sì, specie rispetto a Giovanni Paolo II che era all’antica e “nascondeva tutto”. Lui fin da prima di essere Papa ha cominciato a parlare di pulizia della Chiesa. Lui l’ha avviata».

Cosa immagina dopo Francesco? Cosa potrebbe accadere alla Chiesa? «Non so risponderle. Mi affido allo Spirito Santo che ama la Chiesa più ancora di me. Papa Francesco ha pensato al futuro conclave e nominato cardinali persone che secondo lui possano capire la strada intrapresa. Credo che sognerebbe un Papa come il cardinale Luis Antonio Tagle che viene dalle Filippine. Ma penso che i cardinali, già “fregati” una volta quando è arrivato lui, punteranno su un italiano. Io mi affido allo Spirito Santo, ripeto. Certo, nominassero un sant’uomo come Parolin, benché sia un diplomatico…».

Pensa che le gerarchie del Vaticano, temute da Bergoglio e fatali a Benedetto XVI, esistano ancora e abbiano potere? «Il Vaticano è ancora un gruppo chiuso come già lo era ai tempi del Concilio. Quel “gruppo ristretto” particolarmente attaccato al potere. Credo che il problema sia continuare ad andare avanti tutti insieme senza nuovi scismi».

La Chiesa avrà problemi senza Francesco? «Sì. Francesco esita a dimettersi perché conosce i problemi che possono nascere».

Intanto però le parrocchie perdono preti e fedeli... «Già il Concilio aveva puntato sulla valorizzazione dei laici ma c’è ancora molto “clericalismo” per cui credo che il Signore dica: “Ci penso io”. E da qui, vi do pochi preti per cui per forza dovete servirvi dei laici. Credo sia una spinta a dar valore al battesimo, ogni battezzato ha una responsabilità nella Chiesa. Capisco i preti “giovani” che sono rimasti legati alla vecchia visione, per cui il sacerdote era una autorità ed è diventato un servitore dopo il Concilio».

E allora perché non aprire alle donne? «Le donne sono più per il “noi” mentre i maschi sono più per l’egocentrismo. Per questo più violenti. Papa Francesco ha messo donne persino dicasteri del Vaticano perché ha intuito la portata di questa apertura. Noi maschi siamo più legati al nostro “io” dominatore. Vediamo Dio come Padre, quasi fosse un padrone. Poi il Figlio e lo Spirito Santo, che abbiamo ridotto a un piccione pur di non farne un elemento femminile. Persino i diaconi donna delle prime comunità cristiane nelle lettere di San Paolo non vengono citate con il termine che spetterebbe loro nella traduzione. Che vuole che le dica? Avremo preti donna, sì. Ma nel 2300».
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