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«M’ha preso la donna». La vendetta del killer pianificata da 15 giorni

Confesso
«C’è uno che mi ha rubato la donna...». La frase che Luigi Oste, il presunto assassino di Massimo Melis, si era lasciato scappare, mormorando il proprio sentimento di rabbia a un parente, secondo i giudici che hanno condannato l’imputato all’ergastolo racchiuderebbe il movente del delitto. Un omicidio «spietato», che la Corte d’Assise definisce «premeditato» da almeno 15 giorni, visto che Oste, già a metà ottobre, avrebbe rivelato a chi gli stava a fianco che qualcuno gli avrebbe «rubato Patrizia». L’omicidio, per i giudici, sarebbe inoltre «aggravato dai motivi futili e abietti», che consisterebbero nella «sete di vendetta» covata verso Patrizia, che Oste voleva «punire», sparando all’amico di quest’ultima, perché lei aveva rifiutato il presunto assassino dopo una breve “relazione”.

Nelle motivazioni della sentenza (depositate ieri) sul delitto commesso la sera del 31 ottobre 2021 in via Gottardo, la presidente Alessandra Salvadori premette: «Tutti gli elementi fin qui riportati, esaminati nel loro complesso, dimostrano in modo univoco e convergente, che Melis è stato ucciso e che l’autore del suo omicidio volontario è stato l’odierno imputato». Dopo, i giudici si soffermano sulle modalità «spietate» con cui il killer ammazzò Melis, cinquantenne amato da tutti, impegnato alla Croce verde, e oggi pianto dalla mamma, dalla sorella e dai nipoti (assistiti dall’avvocato di parte civile Paolo Romagnoli).

Massimo da settimane proteggeva l’amica Patrizia dallo stalking di Oste. «Melis è stato ucciso - precisa la Corte - appena dopo avere salutato Patrizia, avendo avuto il tempo di fumare meno di mezza sigaretta, mentre si avvicinava, saliva e avviava il veicolo». L’angelo della Croce verde non ebbe nemmeno il tempo di mettere la cintura. Un colpo alla tempia lo freddò. La macchina rimase accesa per ore, finché la benzina non finì. Il giorno dopo, a ritrovare il cadavere, fu Patrizia, che al processo è parte civile, e che Oste dovrà risarcire, così come i parenti di Melis. Secondo i giudici, «simili modalità (di uccidere, ndr)» sarebbero «chiaramente indicative di un’azione mirata ai danni di Massimo Melis» e «depongono univocamente per essere il delitto in esame un omicidio volontario pianificato».

L’imputato, difeso dall’avvocato Salvo Lo Greco, ha sempre negato ogni addebito. Ma per la Corte, «la complessiva dinamica rende evidente che Oste ha approfittato del brevissimo intervallo temporale in cui Melis, dopo avere accompagnato Patrizia Cataldo a casa, era tornato al proprio veicolo, e si era seduto alla guida pronto per ripartire, per sorprenderlo e giustiziarlo». E prima di colpire, verso le 20.30, Oste avrebbe effettuato, verso le 20, un «sopralluogo». «Avendo accertato che la donna era sopraggiunta con Melis - concludono i giudici - torna dopo, munito di una pistola e colpisce la vittima non appena si siede sulla sua auto».
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