l'editoriale
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16 Febbraio 2023 - 07:57
Da ex infermiera dell’Asl To5 aveva intrapreso la carriera di modella. E dopo aver vinto “Miss Torino”, era diventata - si dice - una delle “ragazze” preferite di Silvio Berlusconi, tanto da essere soprannominata «la fidanzata del Cavaliere». Con Berlusconi, Roberta Bonasia - che da anni ha cambiato mestiere, oggi fa la speaker radiofonica - era finita anche a processo, insieme ad altre 26 persone, tra cui molte ex “olgettine”. Ieri, dopo sei anni, è calato il sipario sul terzo ed ultimo processo “Ruby”. Con l’assoluzione di Berlusconi, e di tutte le imputate, a partire da Bonasia. «Devo ancora realizzare ciò che è successo ma mi sento sollevata - commenta Bonasia - è una giornata importante. Anche se la sentenza arriva dopo 12 anni complessivi di processi. Ho passato momenti difficili, ho avuto un lutto familiare importante durante una delle perquisizioni. Psicologicamente è stata molto dura».
«Le conseguenze lavorative, familiari, umane di questa vicenda sono state enormi», racconta con amarezza Bonasia, che aggiunge: «A 37 anni stai attraversando gli anni fondamentali della vita e la mia sarebbe potuta cambiare meglio. Invece, quegli anni sono stati di attesa, comunque rovinati. E porterò sempre questo peso sulla coscienza, nonostante l’assoluzione il mio futuro non sarà semplice».
«L'etichetta che mi sarà messa addosso - conclude Bonasia - temo che avrà conseguenze. Anche se ora potrò camminare con la testa alta.
E continuerò a seguire le mie passioni e a credere nei miei sogni». Le motivazioni delle assoluzioni, precisa il presidente del tribunale di Milano, Fabio Roia, sono «ragioni di carattere giuridico» e non sostanziali. Per Bonasia è scattata l’assoluzione, per prescrizione solo la calunnia, reato meno grave. Per falsa testimonianza e corruzione in atti giudiziari è stata assolta perché il fatto non sussiste.
«Il fatto non sussiste» perché le ex “ragazze di Silvio”, accusate di avere mentito (in cambio di denaro) quando testimoniarono, ai processi “Ruby 1” e “Ruby 2”, a favore dell’ex premier, non avrebbero potuto essere sentite come testi perché «erano indagate per reati simili». Se allora non potevano essere considerate testimoni, oggi non possono essere condannate per falsa testimonianza e corruzione.
Ecco il ragionamento con cui il tribunale milanese ha fatto cadere l’intero castello di accuse mosse all’ex premier e agli altri imputati. E non essendoci più le false testimonianze, cade anche la connessa accusa di corruzione in atti giudiziari perché manca «l'ipotizzato corruttore, nel caso di specie Berlusconi». La procura riteneva che il leader di Forza Italia avesse pagato - da novembre 2011 fino al 2015 - circa 10 milioni di euro alle giovani ospiti di Arcore per essere reticenti o mentire durante i processi. Ieri Karima «Ruby» El Mahroug, dopo la lettura della sentenza, ha stretto le mani ai pm Tiziana Siciliano e Luca Gaglio: «È una liberazione, da una vicenda che mi ha travolto da quando avevo 17 anni e che è stata un macigno non da poco».
Marysthell Garcia Polanco, una delle ragazze coinvolte nel processo per aver partecipato alle cene e ai «bunga bunga» di Arcore, ha aggiunto: «Questi anni sono stati un inferno». Tutte si sono rifatte una vita. Alcune sono rimaste nel mondo dello spettacolo, altre no. Comunque andranno le loro vite, come dichiara l’avvocato Stefano Tizzani, che difende Bonasia: «La sentenza è arrivata dopo molti anni con pesanti conseguenze psicologiche per le persone coinvolte».
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