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Eternit, c’è la condanna. Ma l’omicidio colposo è prescritto a dicembre

eternit cavagnolo

La Corte d’appello di Torino ha condannato ieri, a un anno e otto mesi di reclusione, l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny, proprietario e amministratore della Eternit, con l’accusa di omicidio colposo per la morte di un ex dipendente della Saca (azienda controllata dal gruppo Eternit, fallita nei primi anni Ottanta), morto di asbestosi nel 2008.

Il magnate svizzero è stato invece assolto per l’omicidio colposo di una donna residente a Cavagnolo, che dopo avere sofferto per anni di mesotelioma pleurico, e avere respirato aria contaminata di amianto, era mancata nel 2012. In primo grado invece, nel 2019, l’imputato era stato condannato per le morti di entrambe le persone offese dal giudice Cristiano Trevisan, che aveva stabilito quattro anni di carcere e un risarcimento di 15mila euro per le parti civili (tra queste ci sono Cgil Piemonte e Afeva). L’inchiesta era stata svolta dal pm Gianfranco Colace.

Dopo il ricorso dell’avvocato difensore Astolfo Di Amato, che aveva dichiarato che la sentenza «va contro gli ultimi orientamenti giurisprudenziali in materia di morti da amianto», e aveva fatto appello, era iniziato il processo di secondo grado. Anche se ieri in appello è stata inflitta una condanna, è molto probabile che il procedimento si concluda, nel caso in cui si arrivi fino alla Cassazione, con l’assoluzione dell’imputato per intervenuta prescrizione. L’omicidio colposo, riguardo alla prima vittima deceduta nel 2008, Giulio Testore, dovrebbe prescriversi il prossimo dicembre. Testore era stato dipendente dello stabilimento Saca con il ruolo di addetto al reparto mescole dal 1955 al 1982. È morto di asbestosi, la malattia più riconosciuta come correlata all’amianto. Rita Rondano, la residente di Cavagnolo, era invece morta nel 2012 di mesotelioma dopo un periodo di esposizione ambientale alle fibre di amianto dal 1966 al 2012. Occorrerà attendere le motivazioni della sentenza per capire perché la corte d’appello (presidente Flavia Nasi) non abbia riconosciuto la donna come vittima della Eternit e della condotta dell’imputato. Gli avvocati di parte civile Laura D’Amico e Giacomo Mattalia (che assistono Afeva e Cgil Piemonte), dichiarano: «Siamo soddisfatti per il riconoscimento della responsabilità dell’imputato, con riferimento all’omicidio in danno del lavoratore. Per l’omicidio in danno della cittadina ci si riserva di leggere le motivazioni, posto che un’esposizione all’amianto ambientale era da considerarsi provata all’esito del processo».

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