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Il capo delle Br Curcio è indagato per omicidio: sotto torchio per quattro ore

Curcio
Renato Curcio, uno dei fondatori delle Brigate rosse, è stato indagato dalla procura di Torino, dopo 48 anni, per i fatti di Cascina Spiotta. L’accusa è il concorso (con persone al momento ignote) nell’omicidio del carabiniere Giovanni D’Alfonso, 45 anni, ucciso durante il blitz che portò alla liberazione di Vittorio Vallarino Gancia. Era il 5 giugno 1975. Durante il conflitto a fuoco coi carabinieri, fuori dal rustico nei pressi di Acqui Terme, morì Mara Cagol (moglie di Curcio). Un brigatista, che era insieme a Cagol, riuscì a scappare nelle campagne della zona: da allora non è mai stato individuato. La nuova indagine punta a scoprire chi fosse il fuggitivo. Ma di tutti gli ex brigatisti sentiti finora come testi, nessuno ha rivelato il suo nome. Curcio è stato indagato non perché vi siano elementi che proverebbero che lui fosse alla Spiotta quel giorno, ma perché era il fondatore e promotore dell’associazione terroristica (insieme alla moglie e a Mario Moretti). In un opuscolo sequestrato nell'ottobre del 1975, per la procura riconducibile a Curcio, vi sono delle espressioni significative per i pm: «Se il nemico vi avvista, sganciatevi», o «rompete l'accerchiamento sparando». Curcio ha negato qualsiasi coinvolgimento nell'episodio e ha chiesto che si approfondiscano le cause della morte della moglie, che avrebbe avuto le braccia alzate al momento del conflitto a fuoco. Curcio è stato interrogato per quattro ore, a Roma, da tre magistrati: Emilio Gatti (aggiunto), Ciro Santoriello (pubblico ministero), e Diana De Martino (Direzione nazionale antimafia). Era da molti anni che Curcio, 81 anni, scarcerato nel 1998 e attualmente editore della cooperativa editoriale e sociale “Sensibili alle foglie”, non compariva davanti ai magistrati. L’inchiesta torinese è nata con l’esposto presentato dal figlio del carabiniere ucciso, Bruno D’Alfonso, assistito dagli avvocati, Sergio Favretto e Nicola Brigida. Curcio, durante l’interrogatorio, ha consegnato una memoria per dirsi estraneo alla sequestro. Era accompagnato dall’avvocato Vainer Burani, che segue anche altri brigatisti, sentiti come testimoni: Franco Bonisoli, Attilio Casaletti e Loris Paroli. A Torino è stato sentito come teste Alfredo Bonavita (assistito dall’avvocata Silvia Ughetto).
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