Esattamente settant’anni fa, nel novembre 1951, la pianura Padana viveva uno dei momenti più cupi della sua storia recente. Un’alluvione mai vista prima, un disastro che causò cento vittime e più di 180.000 senzatetto. Una tragedia naturale che si sommava alla tragedia umana, in quanto non dobbiamo ricordare che la seconda guerra mondiale era terminata da appena sei anni. Dal 12 novembre, la pioggia flagellò il Nord Italia, ma fu nella notte tra il 13 ed il 14 novembre che i fiumiruppero davvero gli argini sommergendo ampie porzioni di pianura, specie alla foce del Po. Il grande fiume, a valle, divenne un mostro d’acqua, immenso e terribile, che esondò con una furia raramente vista: il Polesine divenne un immenso lago lungo 70 chilometri e largo 20. Imbarcazioni e zattere percorrevano vie e piazze per prestare soccorso. Come fu possibile questo disastro? Si tende di solito ad evidenziare le gravi mancanze del Genio Civile, che sottovalutò il fenomeno nei giorni precedenti e non si preparò adeguatamente anche se le copiose precipitazioni dovevano indurre a ritenere probabile un’alluvione a valle del Po; tuttavia, l’onda di piena non sembrò inizialmente particolarmente intensa, ed è forse per questo motivo che il fenomeno fu sottovalutato. A peggiorare le cose, vi fu il forte vento di scirocco che soffiò tra il 13 ed il 14 novembre. Come andarono le cose davvero è oggi possibile da verificare, ma è chiaro il risultato: per 37 giorni non fu possibile riparare le bocche di rotta, tanto impetuosa era stata l’alluvione che aveva sconquassato il Veneto e l’Emilia-Romagna. L’acqua attorno ad Adria e Rovigo aveva un colore giallastro, infido: era infetta a causa migliaia di bestie annegate. Perché sì, questa era un’area agricola; era, perché dopo il novembre 1951 il Polesine mutò: con oltre 100.000 ettari di superficie allagata, pari a circa il 52% dell’intero territorio, era impossibile ricominciare come se niente fosse. Dalla provincia di Rovigo iniziò un esodo massiccio, rapido, commovente. Non fu coinvolto soltanto la fine del corso del Po: anche la Bassa Reggiana fu coinvolta dall’evento. Questa devastante alluvione è stata all’origine del l’emigrazione di migliaia di famiglie del Polesine, che nei giorni successivi al disastro sfollarono principalmente a Milano, Torino e Genova; molte di esse rimasero in queste città, anche perché il ritorno nelle terre di origine fu particolarmente difficile, ostacolato dalla rovina di molti borghi, finiti allagati. Possiamo avere un’idea di cosa accadde in Polesine e nella provincia di Rovigo in quel tragico 1951 guardando una pellicola famosa, Il ritorno di don Camillo, che si conclude proprio con le immagini di quest’avvenimento (anche Brescello fu sommersa dalle acque), che così profondamente ha segnato la pianura Padana nell’ultimo settantennio.
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