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28 MAGGIO 1606
27 Maggio 2023 - 21:00
n Una stoccata alla gamba. Un fendente mortale. Il 28 maggio 1606 Michelangelo Merisi da Caravaggio vinse in duello il suo rivale, Ranuccio Tomassoni. E, da quel momento, la sua vita mutò di colpo. Pochi, ammirando un quadro di Caravaggio, ricordano che il pittore milanese fu un omicida. Non era, d’altronde, uno spirito quieto: su di lui circolavano voci di brutalità. Aveva una discreta collezione di denunce per percosse.
Se c’era una rissa, egli era in prima fila per scaldarsi un po’ le mani. Guai con la legge, insomma, ne aveva eccome: ogni tanto faceva visita alle carceri papaline, notoriamente tra le meno accoglienti d’Europa. Ma il suo rivale? Anch’egli non era un santarellino. I Tomassoni gestivano la prostituzione di alto livello. Erano dei lenoni che reclutavano le donne per uomini facoltosi, che potevano anche appartenere al clero. Un clan di sfruttatori con le mani in pasta dappertutto; e Ranuccio era uno dei più loschi personaggi della cricca.
Caravaggio frequentava le ragazze gestite dai Tomassoni o, perlomeno, aveva scelto come modella una di loro, Fillide Melandroni, che prestò il suo volto (e il suo corpo) per Giuditta e Oloferne.
Alcuni storici evidenziano la somiglianza del volto anche in altri quadri, avanzando la supposizione che tra i due ci fosse un’ottima intesa, se non addirittura una relazione d’amore. È però vero che non c’è un’attestazione chiara che chiarisca l’eventuale rapporto tra i due. Di certo, tra Caravaggio e Tomassoni non correva buon sangue, forse anche in virtù di Fillide, che fu - pare sicuro - l’amante del suo “impresario”.
Quel 28 maggio erano gelosi della stessa ragazza? Erano rivali in amore? Fu un alterco sorto dopo un gioco a pallacorda? Oppure i due erano semplicemente ubriachi? Mistero. Quello che si sa è che al Campo Marzio, nei pressi della via della Pallacorda, Michelangelo Merisi da Caravaggio e Ranuccio Tomassoni si sfidarono a duello. Fu una sfida rapida: Michelangelo trafisse l’arteria femorale del suo rivale con una terribile stoccata. Ranuccio si accasciò a terra e morì in pochi minuti per dissanguamento.
Per il pittore lombardo a quel punto sarebbe iniziata una lunga e frustrante latitanza: infatti, i duelli erano vietati e per Caravaggio, ormai omicida, si profilava già il lugubre profilo del capestro. Contan do sull’appoggio di qualche potente amico, come il principe Filippo Colonna, il pittore fuggì rapidamente da Roma, città nella quale non fece più ritorno. Il nobile addirittura depistò le guardie del papa, attestando la presenza di Caravaggio in località diverse, per permettergli di fuggire dagli Stati della Chiesa.
Il pittore si salvò, ma per tutta la vita portò con sé il peso di quell’omicidio, avvenuto per futili motivi. Il senso di colpa lo divorò: egli sentenziò la sua condanna capitale ritraendosi decapitato, come nel Davide che porta la testa di Golia dell’anno 1610. In esso, la testa spiccata dal corpo del gigante è chiaramente quella di Caravaggio.
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