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Ventimila torinesi assistono
a una speciale corrida dei tori

Allo Stadium della Crocetta sotto gli occhi della famiglia Reale

Ventimila torinesi assistonoa una speciale corrida dei tori

Foto di corrida

Chissà cosa avrebbero detto gli animalisti, se ci fossero stati. Ma nel 1923, cento anni fa, di animalisti ce n’erano davvero pochi. In compenso, gli italiani si erano scoperti grandi fan della corrida. Ma sì, lo spettacolo spagnolo nel quale si ammazzano i tori. L’8 luglio 1923, allo Stadium della Crocetta, andò in scena questa rappresentazione tipica della cultura spagnola, giunta in Italia sulla scia di una moda del momento. 20Mila torinesi si assieparono sugli spalti dello Stadium, acclamando i propri beniamini, che i giornali di allora avevano pubblicizzato alla grande nei giorni precedenti. Da quanto è possibile ricostruire, quella del 1923 fu l’unica corrida mai giocata a Torino.

Per i tori, una fortuna. Se la cosa vi può sembrare strana, sappiate che all’epoca la tauromachia andava di moda e gli artisti che giravano la penisola facevano incassi da capogiro: l’evento si era svolto anche a Roma, alla presenza di Benito Mussolini. Torino non poteva essere da meno: la novità attirò un pubblico festante, allietato anche dalle note di due bande che, tra una giostra e l’altra, intonarono lieti canti patriottici. Un pomeriggio di festa, iniziato alle 17, all’insegna dell’allegria, in attesa dell’uccisione dei tori.

Se ai giochi di Roma era presente il duce, a quelli di Torino presenziò parte della famiglia reale (i duchi di Bergamo e di Pistoia), e poi il prefetto, il sindaco ed altre autorità. Qualcuno era scettico: «Oggi pioverà», si diceva, perché i neri nuvoloni che si addensavano all’imbocco della Val Susa non promettevano niente di buono. E invece, il tempo fu benigno: i nuvoloni che da principio minacciavano una burrasca portarono un po’ di frescura. Il circo di tori e toreri, che girava tutta Italia, aveva anche degli artisti famosi. Il più celebre era Parejito, un piccolo biondino al quale era riservato l’ultimo toro (il quinto), quello da abbattere nel modo più spettacolare. «Parejito, dopo una lunga ed abile esibizione ha ucciso l’ultimo toro portato sulla pista con un solo colpo di spada infertogli quasi alla cervice. Il toro si è dibattuto qualche istante ed è caduto a terra grondante di sangue».


Secondo i giornali la carne dell’animale andò in beneficenza al Comitato in difesa dei fanciulli. Va però fatta una doverosa precisazione che tranquillizzerà gli animalisti: secondo Ovidio Borgondo detto Cavour, il goliardo che, assistendo alla corrida, scese nell’arena usando la sua giacca come una muleta per sfottere i toreri e mostrare a tutti la semi-mansuetudine dei tori, le uccisioni degli animali non avvenivano per davvero, ma erano una finzione: alla compagnia sarebbe costato troppo avere un cospicuo ricambio dei tori!.

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