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I soliti soliti ignoti

amadeus giornale
Sono d’accordo con Aldo Cazzullo quando scrive: “L’industria culturale italiana (televisione pubblica, cinema, fiction) non si rivolge a 60 milioni di italiani, ma a tre milioni di romani. Sono sempre romani, e parlano sempre romanesco”. È vero. Persino i giornalisti. Non parlano proprio il dialetto, ma lo lasciano trapelare nel loro eloquio dicendo “domiscilio… abbitava… probabbile” ecc.

Ma c’è di peggio. Per esempio dover pagare alla Rai un canone fisso per tutto l’anno, al quale corrispondono però nei mesi estivi riedizioni di vecchi programmi, filmetti sciapi, sospensione di giochi e riviste. È vero: il pubblico estivo della Tv è fatto per lo più da anziani, ma questi dovrebbero essere più rispettati, anche perché hanno una capacità di spesa notevole. Lo sa bene il mondo della pubblicità , che nei mesi caldi manda in onda spot magari mirati su prodotti estivi, ma nuovi e seducenti.

I programmi, invece, sono un disastro. Non si può ridurre tutta la Tv a un techeté continuo, anche se ai vecchi quel collage piace perché facendo rivedere fatti, mode e facce di una volta li fa sentire più giovani. Ora ci si è messo anche Amadeus, riproponendo vecchie puntate del suo gioco “I soliti ignoti” con Vip dello star system al posto dei concorrenti e premio devoluto in beneficenza.

Almeno scrivessero “il meglio di” oppure “replica della tal data”. No. Ci credono rimbambiti. E invece noi ci ricordiamo perfettamente chi aveva vinto o perso, chi era il parente misterioso, e addio suspense. È una presa in giro persino più fastidiosa dell’inutile binocolone o del ricorso gratuito ai profili, suggerito da Amadeus a certi concorrenti e taciuto ad altri. Così non vale.

collino@cronacaqui.it
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