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Pecunia non olet

Milioni di euro (foto Depositphotos)

Milioni di euro (foto Depositphotos)

Negli ultimi libri di Tiziano Terzani vibrava una nostalgia struggente per l’Asia incontaminata e misteriosa che lui aveva conosciuto, giovane giornalista corrispondente, negli anni ‘60: la Cina di Mao, il Viet-Nam ancora Indocina Francese, l’India di Nehru. Con le dovute proporzioni, mi capita di pensare lo stesso della Sardegna, che frequentai per trent’anni, dagli anni ’60 quando la Carlo Felice (la superstrada Sassari-Cagliari) non era neanche finita.

Sono osservazioni giuste. Il turismo di massa inquina tutto, fa lievitare i prezzi, rende ciniche e avide le popolazioni, sfigura i paesaggi, dappertutto. Porta soldi e puzzo, ma il denaro, come disse l’imperatore Vespasiano, non puzza. L’India non è più quella descritta da Tagore e Pound, e neppure più il paradiso degli hippies che negli anni ‘70 vi si recavano in cerca di stimoli spirituali e droghe low cost. Col turismo è scomparso anche quel panorama trasandato e fatalista così affascinante, che le dava una patina inconfondibile, almeno nei posti meno noti ai turisti.

Lo stesso è capitato alla ‘mia’ Sardegna. L’isola antica delle feste campestri, dei pescatori, delle aragoste a poche lire, dei vini generosi e del mare incontaminato non c’è più. Ma il turismo porta benessere. Inutile far gli schizzinosi. Non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. I falsi balletti folkloristici per turisti li facevano già i capresi alla fine dell’800 per divertire gli inglesi. E c’era già allora il turista inglese anziano che li aveva visti anni prima, veri, genuini, nelle piazze dei paesi campani, e scuoteva la testa. Il mondo va avanti, e mescolarsi porterà sempre più vantaggi che svantaggi. I nostalgici se ne devono pur fare una ragione.

collino@cronacaqui.it
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