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Le truppe palpine

alpine hat alpini dp

Foto: @michelangeloop - Depositphotos

A sinistra non amano gli alpini. Togliatti lasciò crepare nei gulag i prigionieri dell’Armir perché avevano combattuto “dalla parte sbagliata”. Gli alpini sono tradizionalisti, disciplinati, generosi, fedeli e militaristi quanto basta perché i compagni li definiscano maschilisti, nonnisti e fascisti. Stavolta la trappola gliel’ha tesa il collettivo riminese LGBT+Q “nonunadimeno” con un comunicato che ragliava così: “un gruppo di oltre 400.000 uomini, imbevuti di machismo patriarcale, concentrati in un solo luogo allo scopo di ubriacarsi, genera una dinamica di branco in cui si fa a gara a chi ce l’ha più duro e ognuno si sente in diritto e in dovere di reclamare il possesso del corpo di ogni donna che gli passa accanto. Ma noi non ci stiamo, quelle lunghe penne nere ve le spezziamo una a una. Se toccano un* toccano tutt*!” Al l’appello arcobalengo hanno risposto (pare) 150 denunce sui social di donne che avrebbero subìto catcalling e palpeggiamenti. Denunce? Zero. Penne spezzate? Zero. Ma anche se fosse vero, 150 casi sarebbero una percentuale irrisoria in un raduno di quasi mezzo milione di giovani ad alcol libero. Succede all’Oktoberfest, nelle discoteche, ai concertoni rock, ai capodanni in piazza. E poi, chi lo dice che erano alpini veri? Ha fatto bene l’Ana a precisare che, abolita la leva, i veri alpini “di naia” hanno almeno 38 anni. I ventenni palponi potevano essere orecchianti mescolatisi all’adunata per far festa. Un finto cappello alpino costa pochi euro. Quanto al “catcalling” (sentirsi dare della ‘bella gnocca’) chissà quante ragazze, se andassero a un’adunata senza sentirselo dire, tornerebbero a casa deluse: “mamma, non ci sono più gli alpini di una volta”.

collino@cronacaqui.it
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