Sfumature

Nulla è più banale che il cercare di essere originali ad ogni costo. "Banale" deriva dalla radicale celtica ban (la stessa di bando) che indicava le prerogative del feudatario. Tra di esse c'era quella di emanare disposizioni che, stante il generale analfabetismo venivano "gridate" dal banditore, prima di essere affisse in forma scritta. L'aggettivo banale quindi indicò inizialmente una cosa (legge, consuetudine, credenza...) una cosa che riguardava tutti, condivisa da tutti, una ovvia (e infatti ovvio - da "ob viam", cioè per via, per strada - è sinonimo di banale). Eppure è diventato un termine screditante. Lo si vede nelle discussioni sui social, dove capita spesso di sentir bollare dagli avversari i propri argomenti come "ovvietà, luoghi comuni, tesi qualunquiste, banali generalizzazioni, discorsi da bar" eccetera. Come se ciò bastasse di per sé a squalificarli. Come se bisognasse per forza essere sempre brillanti, originali e innovativi. Invece, come dicevo in apertura, ovvietà e novità sono complementari: dall’una si ricava “a contrariis” l’altra. Se la novità è il motore, l'ovvio è ciò che dal motore viene mosso. Se la novità è il progetto, l’ovvietà è la realtà dalla quale ogni progetto è costretto a partire. I due concetti sfumano l'uno nell'altro, si compenetrano per osmosi, tanto che molte avanguardie, nella pittura e nell'architettura, si ispirarono nel loro afflato innovativo “tornando indietro” alla banale semplicità delle figure geometriche (pensate al neoclassicismo rinascimentale, o al cubismo o alla piramide di Pei al Louvre). È sufficiente, come sempre, non essere manichei. Il mondo non è per forza bianco o nero, anzi, di sfumature di grigio ce ne sono ben più di 50. collino@cronacaqui.it