Avete lo zabaione di Leopardi?

In un libretto della Orme Editori c'è un elenco di buffe richieste fatte ai commessi in libreria. Eccone un assaggio: “Alla ricerca del tempo perduto di Alain Prost”, “Quer pasticciaccio brutto di Via Teulada di Gadda”, “Fanta Amara di Silone”, “Zampa bianca di Jack London”, “L’Homelette di Shakespeare”, “Lo Zabaione di Leopardi”, “Fenomenologia sotto spirito di Kant”, “Candido di Volterra”, “Feretro di Platone”, “Edipo a Cologno di Sofocle”, “Le pistole di Cicerone”, “Così parlò Zaccaria di Nietzsche”, i “Vangeli ipocriti”, “Il ritratto di Doris Day di Wilde”, “Il barone ruspante di Calvino”, “Centomila cubetti di ghiaccio di Giulio Bedeschi”, “I malori del giovane Werther”, “Madame Bolivar di Flaubert”, “Il Giovane Golden di Solingen”, “Moby Dickens di Melville”, “Zio Vanni di Cechov”, “Tito Androide di Shakespeare”, “Il Gattosilvestro di Tomasi di Lampedusa”, “Le Sepolture del Foscolo”, e (per finirla alla torinese) il “Signore degli Agnelli di Tolkien”.

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Una tale Susanna definisce su Fb tutto ciò "interpellanze sconclusionate e spess’anche imbrillantinate di saccente pedanteria". Io invece non mi straccio le vesti di fronte a quegli strafalcioni. Una libreria è pur sempre una bottega, non il Parlamento (dove tra l’altro si ascolta ben di peggio), e tutto sommato chi ha fatto quelle buffe richieste le ha fatte in bottega. Cioè voleva comprarli, quei libri, e dopo averli comprati li avrà anche letti.

Non come tanti pseudointellettuali furbetti, bravi solo a citare senza errori frasi, massime, libri ed autori che non hanno mai letto. La cultura è come la marmellata, cara maestrina Susanna dalla penna rossa: meno se ne ha, più la si sparge. Come la sua brillantina.