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La storia di una grande rivalità

Berlusconi e Torino, odio e amore. Ecco perché il Cavaliere invidiava (e pativa) l'Avvocato

La Juve e il Milan, le profezie sbagliate di Agnelli, le gite in barca a vela, quella "fidanzata" arrivata da Nichelino

Berlusconi e Torino, odio e amore. Ecco perché il Cavaliere invidiava (e pativa) l'Avvocato

Berlusconi e Torino, un amore forse di facciata, di certo mai ricambiato davvero. Perché al brianzolo Berlusconi piaceva la città, detto anche l'ultima volta che era stato da queste parti, nel maggio 2019 in piena corsa elettorale, una città "piena di belle ragazze" aveva detto. E da Torino, anzi da Nichelino, arrivava Roberta Bonasia, quella che per lungo tempo fu definita "la fidanzata di Berlusconi". Ma il rapporto autentico era con Gianni Agnelli, tra rivalità e ammirazione. E vediamo perché.

Silvio Berlusconi ammirava Gianni Agnelli e i due rivaleggiavano per il controllo economico e finanziario del Paese, disputandosi la palma di più ricco, un po' come Paperone e Rockerduck: solo che, differentemente dalle storie Disney, in questo caso il più giovane era l'uomo che si era fatto da sé e l'anziano era semplicemente colui che aveva ereditato un impero. Poi, Agnelli era il Sovrano (illuminato o meno), icona di stile e battute, Berlusconi era il "bauscia". E l'Avvocato non nascondeva questa considerazione...

La storia del loro rapporto passa attraverso immagini iconiche: insieme allo stadio, in barca a vela - Gianni al timone a petto nudo, simil capitano avventuriero, Silvio seduto dietro in braghe lunghe e camiciotto con le spalline, da cumenda in vacanza -, in montagna, dove avevano case distanti poche decine di metri e l'Avvocato andava dal Cavaliere guidando personalmente la Panda 4x4 con il cesto di vimini sul tetto a mo' di portasci, trascinandosi dietro anche il giovanissimo Yaki.

La distanza fra i due era resa più evidente certo dalla politica: Berlusconi decise di scendere in campo e l'Avvocato - che della politica capiva soltanto ciò che gli conveniva, ossia "ciò che è bene per la Fiat è bene per l'Italia", e si contentava di essere un senatore a vita - ne pronosticò un clamoroso insuccesso. Disse anche qualcosa del tipo "Lasciamolo fare: se vince, vinciamo tutti noi imprenditori. Se perde, avrà perso solo Berlusconi".

E poi c'era il calcio, la rivalità fra Juve e Milan: scudetti, coppe, campioni strappati - Donadoni scippato in fase di calciomercato, Lentini portato via dal Torino beffando i bianconeri, altri che hanno indossato entrambe le maglie come Baggio, Pirlo, Ibrahimovic etc etc -, scambi di battute feroci ma anche molto fairplay: quando Buffon si infortunò durante il Torneo Berlusconi - sfida di inizio stagione con protagonisti fissi, la Juve e il Milan -, il Cavaliere non ebbe esitazioni e prestò gratuitamente Abbiati alla Juve. Con un'unica condizione: non deve giocare contro il Milan. E infatti, a San Siro, giocò il buon Chimenti e si fece passare sotto la pancia la "maledetta" di Pirlo.

E nel pieno degli anni 80 e della nascita dell'impero futuro Mediaset, Torino oscurò Canale 5, Italia1 e Rete4. Perché all'epoca in teoria le private non avrebbero potuto trasmettere in diretta nazionale - c'era la cosiddetta "cassettazione" con le registrazioni mandate alle emittenti associate -, ma secondo il pretore torinese Casalbore, la norma veniva aggirata. E ordinò di spegnere tutto, mandando la Finanza a eseguire. Poi, dopo una breve bega giudiziaria-amministrativa - e qualche petizione a furor di popolo -, si riaccese tutto.

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