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Ricerche spaziali e pericoli per il nostro pianeta

Asteroide Bennu: l'importanza del giocare d'anticipo

Carotaggi spaziale anche per un'altra asteroide, Apophis che potrebbe precipitare sulla terra nel 2029

L'asteroide

L'asteroide Bennu

No, non è solo una regola del calcio moderno. E tutto sommato, la capacità di essere previdenti presenta quasi sempre degli innegabili vantaggi. Ma piuttosto che affidarsi a maghi o fattucchiere, quando ad occuparsene è la Scienza diciamo che dovremmo esserne un po’ tutti rassicurati. E’ il caso dell’asteroide Bennu. Di cosa si tratta? Un pezzo di roccia che vaga nello spazio (descrive delle orbite più o meno regolari intorno al Sole e a se stesso) con un diametro di circa 500 metri che, secondo i calcoli degli astronomi, potrebbe trovarsi nel suo girovagare molto vicino al nostro pianeta, con un ipotetico rischio possa colpirci, stimano, intorno al 2135.

Si dirà, va bene, potremmo ancora goderci eventuali vittorie della nostra nazionale nei campionati del mondo di calcio prossimi venturi. Cosi come finire di pagare il mutuo in assoluta tranquillità (ma qui a preoccupare sono di più le bizzarrie eventuali di Madame Lagarde…) e di vedere finalmente laureati i nostri nipoti. A meno di improbabili scoperte scientifiche in grado di allungare sensibilmente la durata della vita, l’orizzonte del 2135 dovrebbe consentirci di sbrigare ciascuno i propri affari senza doversi far carico dell’ansia che la prospettiva comporta. Tuttavia, proprio perché “prevenire è meglio che curare”, (va detto che le probabilità che Bennu metta fine ai nostri affanni sono come quelle di chi lancia una monetina e ottiene circa undici volte di seguito che esca sempre o testa o croce) ecco che previdentemente, nel 2016 viene lanciata una sonda con il compito di andare a recuperare dei frammenti di Bennu, prelevarli e riportarli sulla Terra per consentire di studiarli. E proprio ieri, dopo un viaggio di una durata simile a quella di una dinastia Ming, la sonda con il suo carico prezioso, circa 250 grammi di reperti, è atterrata nella base americana sita nel deserto dell’Utah.

Missione conclusa? Niente affatto: la “macchina spaziale” dalla quale si è staccata la sonda che ha portato a termine l’operazione è rimasta nello spazio, stavolta con il compito di compiere un altro “carotaggio” su un asteroide “leggermente” più grande (una superficie di 300 km) Apophis, sul quale dovrebbe appoggiarsi nel 2029. Sia come sia queste missioni, alle quali hanno dato un importante contributo anche aziende italiane (su tutte la Leonardo) avranno il compito, attraverso l’analisi dei materiali prelevati, di raccontarci qualcosa di più intorno alla nascita dell’universo, nel solco di quella sete di conoscenza che, da Ulisse in poi, ha caratterizzato l’uomo sapiens, desideroso di misurarsi con l’ignoto e con l’insaziabile fame di conoscenza. Ora c’è solo da sperare che nel frattempo, la Scienza riesca anche a trovare il modo eliminare dei fastidi molto “terreni” come guerre, carestie ed esodi incontrollati di migranti. Tutte cose, al cospetto di questi eventi cosmici, che appaiono davvero piccole e alla portata di efficaci soluzioni.

Giuseppe Palamà

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