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Il processo

Uccise un uomo per una sigaretta: ora è stato condannato

Francesco Lo Manto ha preso a bastonate Augusto Bernardi

Uccise un uomo per una sigaretta: ora è stato condannato

L'assassino, Francesco Lo Manto

«Mi sono chiuso in casa per due giorni. Ho fumato crack per 48 ore consecutive. Ho anche bevuto alcol e fumato hashish. Alla fine non ho capito più niente: solo adesso mi rendo conto di averla fatta enorme».

Era il 10 luglio 2022 e Francesco Lo Manto, 20 anni, è sceso di casa e ha picchiato a sangue il 56enne Augusto Bernardi. Prima a mani nude e poi con un pezzo di legno, forse trovato sul marciapiede accanto al palazzo dove viveva Lomanto, in via Villar 34 a torino. E lo ha ucciso in pochi minuti: per questo la Corte d'Assise del Tribunale, presieduta dal giudice Alessandra Salvadori, lo ha condannato a 25 anni di carcere.

«Stavo fumando sul balcone quando un uomo che passeggiava per strada mi aveva chiesto se avevo da fumare - ha raccontato il ventenne -. Sono sceso, gli ho dato qualche sigaretta e lui ha cercato di prendermi il pacchetto. Allora l’ho picchiato, anche perché pensavo mi avesse preso il cellulare».

Lomanto era imputato per omicidio volontario pluriaggravato e rapina (perchè aveva preso lo zainetto del Bernardi e lo aveva buttato nel corridoio della cantina del palazzo): era «capace di intendere e di volere al momento del fatto», come emerso dalla consulenza tecnica psichiatrica eseguita dal professor Franco Freilone e ordinato dalla pm Patrizia Gambardella prima di chiudere l’inchiesta.

Il crack avrebbe avuto un’incidenza ma non abbastanza da inficiare la volontà e la capacità di uccidere: «Da quel giorno è in carcere a Vercelli, preparato e “rassegnato” - riflette l’avvocato del ventenne torinese, Francesco Rotella - Dice: “L’ho combinata enorme e ora aspetto di conoscere il mio futuro”». Parole confermate da una lettera che è stata letta in aula, dove Lomanto racconta che «non pensavo mai più di ucciderlo e ora vivo con il rimorso di aver ucciso e rovinato la mia vita. Non intendevo farlo, ho avuto una reazione esagerata»

Riflette il legale dopo la sentenza: «Ha confessato da subito di averlo picchiato ma ha spiegato che non era un omicidio volontario, non era sceso di casa per uccidere e anche il professor Freilone ha escluso quell'intento: il suo gesto era determinato da un picco di intossicazione da alcol e droga. Crediamo che dovesse essere riqualificato in omicidio preterintenzionale: ne siamo convinti, leggerò le motivazioni (usciranno a metà dicembre, ndr) e poi sarà doveroso fare appello per spiegare le nostre ragioni».

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