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IL BORGHESE
13 Novembre 2023 - 06:30
Non sapere più nulla del proprio fratello, di un genitore, del figlio. Il cellulare che squilla a vuoto, la polvere che si posa sulle mensole di una stanza che all’improvviso resta vuota, un sussulto a ogni squillo del telefono di casa. Un dramma, quello delle persone scomparse, che per chi resta forse è anche peggiore di un lutto: vivere in un limbo, con la speranza di veder ricomparire un volto caro, senza potere neanche dargli un addio, senza un luogo in cui portare un fiore o versare una lacrima.
Un incubo che in Italia si materializza più spesso e in più famiglie di quanto si possa pensare: nei primi sei mesi di quest’anno sono più di 13mila le denunce di scomparsa presentate a polizia e carabinieri. Tante, talmente tante che da ormai più di 15 anni il Governo ha istituito il Commissario per le persone scomparse, carica che da qualche mese è ricoperta dal prefetto Maria Luisa Pellizzari, con il compito di “assicurare il coordinamento tra le amministrazioni statali competenti in materia, monitorare l'attività delle istituzioni e degli altri soggetti impegnati a fronteggiare il fenomeno, favorire il confronto tra i dati a carattere nazionale su persone scomparse e cadaveri non identificati e quelli a carattere territoriale”. E proprio il Commissario ha pubblicato, nel proprio report semestrale, i dati relativi a questi primi mesi del 2023, in cui si evidenzia che il fenomeno colpisce in prevalenza i minorenni, con una percentuale sul totale del 73,9% (9.626), che scende al 22,5% (2.934) nella fascia anagrafica 18-65 anni e al 3,6% (471) nei soggetti di età superiore ai 65 anni.
La buona notizia è che 6.297 dei 13.031 scomparsi sono già stati ritrovati. La cattiva è che resta un “esercito” di 6.734 persone che si sono letteralmente volatilizzate in appena 6 mesi. La speranza di ritrovarle è alta, la certezza non esiste: da quando è stata creata l’apposita banca dati del ministero, cioè dal 1974, a oggi, sono in tutto 88.390 le persone di cui non si è mai più saputo nulla.
Un fenomeno che purtroppo tocca anche Torino e il Piemonte. Nella nostra regione, le denunce presentate da gennaio a giugno sono 581 (348 delle quali a Torino e provincia), che ci posizionano all’ottavo posto in una classifica guidata dalla Sicilia con 3.366. Una enormità, quella dell’isola, che si spiega facilmente: nei conteggi infatti rientrano anche gli stranieri, in questo caso in particolare i tantissimi migranti che approdano sulle coste italiane e che fanno perdere le proprie tracce, volontariamente, alla prima occasione utile. Tornando a noi, in Piemonte gli italiani scomparsi sono 346 (35 in più rispetto allo stesso periodo del 2022), di cui 272 già ritrovati (in alcuni casi purtroppo privi di vita). 140 di questi 346 sono minorenni (+32 rispetto a un anno fa), 25 dei quali ancora non sono stati trovati. Di conseguenza, si evince che gli stranieri sono 235 (nel 2022 erano 167), con una percentuale di ritrovati molto inferiore, visto che sono più della metà (129, di cui addirittura 106 minorenni) quelli di cui non si ha ancora notizia. Il motivo, molto probabilmente, è sempre che si tratta di persone - spesso minori ospiti di comunità - che hanno deciso di superare la frontiera e raggiungere altri Paesi europei.
Una raffica di numeri che in sostanza si possono riassumere in un modo molto semplice: complessivamente, in Piemonte ancora si cercano tracce di 203 (131 minorenni) delle 581 persone di cui era stata denunciata la scomparsa, ben 130 delle quali sono svanite nel nulla tra Torino e in provincia. 203 storie sospese, 203 famiglie in attesa di un cenno, una telefonata, un miracolo. O anche solo, pur senza il coraggio di ammetterlo, di un corpo da seppellire e di una tomba su cui piangere.
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