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L'intervista della settimana - Antonio Rinaudo
19 Novembre 2023 - 06:00
Antonio Rinaudo
Lucio Quinzio Cincinnato era un uomo tranquillo. Non era più un ragazzino quando Roma lo richiamò, ma lui non esitò a indossare la toga del console. Antonio Rinaudo ha compiuto 75 anni una settimana fa e se ne sta nel suo giardino a spaccare la legna per l’inverno. E’ stato pm di punta della procura di Torino, impegnato nella lotta al terrorismo, alle mafie, protagonista assoluto nelle stagioni più buie della città dove lui è sempre vissuto. Poi, collocato a riposo, è stato richiamato una prima volta durante la pandemia: c’era da organizzare le vaccinazioni, bisognava destreggiarsi tra mille profittatori pronti a far soldi su mascherine, guanti di lattice e igienizzanti per le mani. Alla fine “è andato tutto bene” e Antonio Rinaudo è tornato alla sua legna da spaccare. Poi, di fronte al fuoco del camino di casa, ha ritrovato il piacere della lettura, i classici, i filosofi. Ha riletto Platone e Socrate e ha riscoperto Epicuro.
Rinaudo, perché proprio Epicuro?
«Questa è un’intervista, non posso mica farele una lezione di filosofia... Ma guardi, c’è una frase di Epicuro che prendo a prestito e che da sola può rispondere alla sua domanda “Non devi avere paura della morte, devi avere paura di come vivi”»
Ecco, parliamo della sua vita finora. Lei è conosciuto come magistrato e poi come colui che ha messo le cose a posto durante la pandemia. Ma prima di tutto questo, Rinaudo chi era?
«Un ragazzo di Barriera, nato in una famiglia poverissima dove non era scontato che nella tazza della colazione ci fosse il caffelatte»
Barriera come via Gluck?
«Ho vissuto gli anni giovanili in quell’ambiente, potevo diventare un mascalzone. Invece un giorno mi sono chiesto cosa volevo dalla mia vita. Mi sono rimboccato le maniche e mi sono messo a studiare come un rullo compressore, volevo essere il primo. Dovevo essere il primo perché non avevo le spalle coperte»
La laurea, la magistratura...
«Non potevo permettermi di studiare e basta, dovevo mantenere me e la mia famiglia. Nel frattempo mi ero sposato e avevo una bambina. Ho vinto anche un concorso all’ufficio legale del Comune. Poi ho sostenuto il concorso in magistratura e ho vinto anche quello»
BARRIERA DI MILANO A TORINO NEI PRIMI ANNI 60
Molte volte essere il primo significa anche essere il più esposto, nel bene e nel male
«Beh, certo. La scorta mi ha accompagnato durante tutto il mio percorso in magistratura e anche ora che spacco la legna e leggo Epicuro»
Alle scorse elezioni si è parlato di lei come assessore alla sicurezza del Comune di Torino
«E’ vero, mi era stato chiesto, ma poi non se ne è fatto nulla e io me ne sono tornato alla mia legna e ai miei libri»
In verità mi risulta che lei abbia anche altri impegni oltre a quelli del classico Cincinnato...
«Sono stato nominato componente del un Comitato Strategico Sicurezza della città di Venimiglia. Un organismo istituito dal sindaco per rappresentare una visione d’insieme e per esprimere pareri e soluzioni nell’ambito delle iniziative relative alla gestione della sicurezza urbana, con particolare attenzione al fenomeno migratorio»
In Liguria hanno pensato a lei, in Piemonte si voterà in primavera e il nome di Rinaudo potrebbe far parte dei quella rosa di candidati all’assessorato per la Sicurezza
«Lo so, potrebbe anche accadere. E’ una responsabilità che non mi vado a cercare, ma se qualcuno pensa che potrei occupare quella posizione, sinceramente credo che non mi tirerei indietro. Non l’ho mai fatto in vita mia. Naturalmente a certe condizioni»
ANTONIO RINAUDO DURANTE UN PROCESSO
Me ne dica alcune
«Io non mi sono mai candidato neppure a capoclasse, si figuri se mi candido alle elezioni. Se come tecnico qualcuno pensa a me in materia di sicurezza, spiegherò cosa intendo fare»
E cosa intende fare?
«Credo che la materia debba essere affrontata con mentalità manageriale. Facciamo un esempio: il sindaco di Torino ha detto, rivolgendosi al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che mancano centinaia di poliziotti. Senza entrare nel merito in maniera specifica, penso che come prima cosa si debbano ottimizzare risorse e servizi, anche perché spesso viene chiesto di fare le nozze con i fichi secchi e il cittadino non può certo rimetterci»
Mi sembra di capire che lei farebbe volentieri l’assessore alla Sicurezza della Regione Piemonte, anche se come tecnico prestato alla politica
«Se me lo chiedono sì. Credo di avere sufficiente esperienza e la professionalità richiesta e penso anche che si potrebbe fare un ottimo lavoro a cominciare dall’attività di prevenzione. Non credo che per garantire la sicurezza ci si debba concentrare unicamente sull’aspetto repressivo. E’ necessario essere presenti sul territorio per disincentivare l’attività criminale. Per sommi capi, le cito l’importanza delle telecamere per la sorveglianza, la lotta allo spaccio e alla criminalità marginale. Molto possono fare gli agenti della polizia locale che spesso vengono sottovalutati. I vigili devono essere valorizzati, non sono solo quelli che fanno la multa per i divieti di sosta. E’ necessario un piano di formazione per valorizzare la loro esperienza e la loro credibilità. Sono i più vicini ai cittadini»
ANTONIO RINAUDO ALL'UNITA' DI CRISI DURANTELA PANDEMIA
L’ultima sua esperienza in Piemonte riguarda l’ambito sanitario, quando ha ricoperto il ruolo di commissario dell'Area giuridico-amministrativa dell’Unità di Crisi. Lei sarebbe anche disponibile a ricoprire il ruolo di assessore alla Sanità?
«Dovrei pensarci un po’. Non è certo il settore nel quale posso far valere esperienza, formazione e professionalità. Sarebbe tutto molto più complicato. Non esiste l’uomo per tutte le stagioni. Nell’Unità di Crisi il mio ruolo non riguardava gli aspetti di natura sanitaria, piuttosto le tematiche giuridiche e amministrative»
A proposito, lei è anche giudice federale della Federcalcio
«Si, sono diversi anni che ricopro quel ruolo»
Ma è anche un notissimo tifoso juventino, almeno al pari di Giancarlo Caselli che è un noto tifoso granata
«Sono tifoso juventino, lo sanno tutti»
Ma anche giudice federale...
«Se la Juventus sbaglia e sulle plusvalenze ha sbagliato, è più che giusto che paghi. La lealtà e la probità sono elementi essenziali nello sport e nell’ordinamento della giustizia sportiva»
Una vita a Torino, com’è cambiata la città, come sono cambiati i torinese?
«I torinesi sono cambiati. La città che vedevo dalla ringhiera della casa dove abitavo in Barriera era più povera, ma forse più sana. Le faccio un esempio: se una famiglia non aveva messo da parte i soldi per le ferie, in vacanza non ci andava. Oggi, invece, si fa ricorso al credito pur di trascorrere la settimana in un resort. Non si vuole rinunciare a nulla. Non si affrontano i problemi, si evitano. No, la città è sempre la stessa, bellissima, ma la mentalità è cambiata»
CASE DI RINGHIERA A BARRIERA DI MILANO
Anche lei è cambiato?
«Penso di essere sempre stato me stesso. Eclettico, curioso, ma non un tuttologo. C’è chi dice che abbia un caratteraccio, ma ammetterlo è già qualcosa».
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