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«Così abbiamo soccorso un ragazzo in volo»: parlano gli "eroi" dell'aereo Torino-Napoli

Human Hashembeiky ed Emanuele Asturi raccontano la loro avventura in quota e perché si sono dovuti trasferire in Campania

«Così abbiamo soccorso un ragazzo in volo»: parlano gli "eroi" dell'aereo Torino-Napoli

Human Hashembeiky ed Emanuele Asturi

Sono abituati a salvare persone che stanno male ma non gli era mai capitato di soccorrere qualcuno a 10mila metri di quota: è successo a Human Hashembeiky ed Emanuele Asturi, due torinesi che da otto mesi lavorano come autisti soccorritori per l'Asl Napoli 1 Centro. Due "pendolari aerei" che a Santo Stefano sono diventati protagonisti di una storia a lieto fine, diventata famosa grazie al racconto fatto dalla pagina social "Nessun tocchi Ippocrate".

«Abbiamo fatto il turno in ambulanza e siamo tornati a Torino per passare il Natale in famiglia - ripercorre Hashembeiky, origini iraniane ma cresciuto in Piemonte - Dopo neanche 24 ore a casa, la sera del 26 siamo ripartiti con un volo Volotea».

Erano circa le 21 e, dopo un decollo normale, sono iniziate le turbolenze: «Ho visto questo ragazzone di 32 anni che non stava bene. A un certo punto si è alzato, era pallidissimo e barcollava. Poi è caduto a terra come un sacco di patate fra i sedili, battendo la testa. Sono corso a chiamare Emanuele e lo abbiamo soccorso con l'aiuto di una dottoressa che c'era a bordo».

Mentre i sanitari aiutavano il 32enne, il comandante dell'aereo ha valutato l'atterraggio di emergenza a Roma: «Ma gli abbiamo detto di proseguire, visto che mancava solo mezz'ora. Così ha accelerato e allertato il pronto soccorso dell'aeroporto: quando siamo atterrati, c'era già l'ambulanza ad aspettarci. Il paziente aveva ancora la pressione a terra ma siamo riusciti a metterlo seduto e affidarlo ai colleghi». Per fortuna sia Hashembeiky ed Emanuele Asturi avevano lavorato all'aeroporto e sapevano come muoversi sull'aereo: «Sul volo è scoppiato il caos ma la nostra esperienza ci ha permesso di arrivare al lieto fine. Ma non ci sentiamo dei salvatori o degli eroi: per noi soccorrere chi sta male è la normalità».

Però l'applauso all'atterraggio, per una volta, era dovuto: sia per il pilota che «ha volato come se fosse alla guida di un caccia» sia per i due soccorritori torinesi.Ma perchè lavorate a Napoli? «Per 13 anni siamo stati alla Croce rossa di Torino, lavorando come interinali con contratti di tre mesi - risponde il soccorritore, iscritto ad Aies Italia - Una situazione che riguarda una trentina di persone e che continua ancora oggi per i nostri ex colleghi. Noi ce ne siamo andati perchè a Napoli hanno fatto un concorso per autisti soccorritori, che da noi non è possibile. Lo abbiamo vinto e ci siamo trasferiti».

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