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L'ANALISI

La “tempesta perfetta” su contadini e allevatori: «Chiuse 2.600 attività»

Dagli effetti della guerra in Ucraina alla Peste suina africana, continuano a calare l’occupazione e le imprese del settore

La “tempesta perfetta” su contadini e allevatori: «Chiuse 2.600 attività»

La guerra tra Russia e Ucraina e il rincaro di materie prime e costi per l’energia. E, poi, la “peste suina” che ha colpito gli allevamenti del Piemonte, in particolare, senza che anche i raccolti non venissero sacrificati ai cambiamenti climatici. Siccità protratta per mesi fino a rendere sabbiosi i campi e poca acqua per irrigare artificialmente che, quasi paradossalmente, si trasforma in autunno e inverno in grandinate, violenti acquazzoni, grandinate e ghiacciate. Per contadini e allevatori una “tempesta perfetta” sintetizzata da “Piemonte Rurale 2023 l’ultimo dossier dell’Ires dedicato ad un comparto che rappresenta quasi il 30% dell’economia regionale e, solo lo scorso anno, ha visto scomparire almeno 2.600 aziende: 1.200 agricole e circa 1.400 allevamenti , confermando un andamento senza soluzione di continuità da almeno un decennio.

Occupazione in calo
Un calo considerato «fisiologico» che, però, sembra avere accelerato nell’ultimo trimestre del 2023 (-2,93%) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente contro una diminuzione media dell’1% nei quattro anni precedenti. Il numero di addetti del settore agricolo nelle ultime annate, invece, sembra essere calato in misura molto minore (-4,3%) negli ultimi dieci anni, scendendo di poco sotto le 70mila unità. In controtendenza, invece, la crescita della dimensione media aziendale a cui si somma un miglioramento della propensione agli investimenti e all’innovazione. Un quadro che si riflette anche sugli allevamenti. Quelli del Piemonte rappresentano il 14% del patrimonio bovino nazionale e il 15,4% di quello suino, oltre al 9% degli avicoli e il 7,6% di ovicaprini e nel 2023 sono scesi a circa 11.370. 1.400 in meno rispetto al 2018 con un calo dell’11%. Il numero di capi totali nel 2023 ha subito una diminuzione del 2,5% dopo un quinquennio di stabilità, scendendo per la prima volta dopo molti anni sotto gli 800mila (787.911).

L’impatto economico
Effetti che si sono fatti sentire anche sul valore di produzione con il “segno negativo” davanti a numerose eccellenze locali come frutta fresca (-13,7%) nocciole (-31,9%) ma anche vino (-4,0%) ortaggi e patate (-4,5%). Sulla “bilancia commerciale” del comparto pesano soprattutto le importazioni di prodotti che, secondo lo studio dell’Ires, hanno registrato una crescita ancora tra il 2021 e il 2022 a causa dell’aumento dei prezzi all’origine di molte produzioni per un valore di circa 3,36 miliardi di euro con un aumento del 45,1% tra un anno e l’altro, con aumenti molto forti in tutte le categorie tra cui spicca il +63% degli animali vivi e dei prodotti di origine animale. I volumi maggiori, invece, riguardano le produzioni di coltivazioni permanenti che costituiscono il 53% del bilancio, crescendo del 38,3%. Le esportazioni del settore agricolo, invece, si basano soprattutto sulla frutta fresca (79,5%) che a causa della ridotta produzione causata dalla crisi idrica, ha registrato un segno negativo dopo molti anni di crescita (-9,1%).

Il dramma della "peste suina"
È la piaga che ha colpito gli allevamenti di maiali, spargendo il terrore tra chi si è trovato a fronteggiarla potendo contare soltanto su reticolati e caccia al cinghiale. La “peste suina africana” esattamente da due anni sta mettendo in seria difficoltà il settore a causa di un virus altamente infettivo, letale e di difficile eradicazione. Le prime positività sono state rilevate su alcune carcasse di cinghiali ritrovate nelle province di Alessandria e Genova ma l’emergenza ha finito per riguardare 78 Comuni di cui 54 in Piemonte con un numero di capi positivi che è salito a 991 a fronte di circa 4mila allevamenti. «La situazione appare ancora molto critica e i danni economici per le aziende della zona sono ingenti a causa soprattutto di due fattori - sottolinea l’Ires - il deprezzamento del valore dei capi provenienti dalla cosiddetta “zona rossa” e i maggiori costi dovuti alle onerose attività di controllo e certificazione anche in assenza di positività.

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