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Tragedia a Torino

Trovato un cadavere sotto i portici a due passi dalla stazione: «Di sicuro c’è solo che è morto»

E' un uomo di trent'anni a cui qualcuno ha rubato le scarpe. Era scomparso da casa da tre giorni

Via Sacchi

Il dormitorio sotto i portici

«Di sicuro c’è solo che è morto», scriveva Tommaso Besozzi sull’Europeo in merito all’omicidio (o suicidio) del bandito Giuliano. Un articolo giornalistico che ha fatto scuola, per forma e contenuto. Tommaso Besozzi, riconosciuto come maestro di giornalismo (ma solo a posteriori), si è poi perso lungo una deriva che lo ha portato a lasciare ogni cosa e a vagare nel nulla, sotto i portici delle stazioni e lungo i viali delle città, trovando conforto, per riposare, nelle panchine e usando qualche cartone per coprirsi. Non è leggenda, ma verità. Un’esistenza, ma anche una narrazione, che presenta analogie con quella del trentenne deceduto sotto i portici di via Sacchi, durante una notte gelida. Anche di lui si può dire: «Di sicuro c’è solo che è morto».

UN SENZA TETTO DORME IN VIA SACCHI A TORINO

C’è chi lo ha scambiato, almeno inizialmente, per un barbone, chi ha pensato che fosse deceduto per il freddo, chi ha ipotizzato il gesto estremo perché accanto al corpo senza vita dell’uomo sono stati trovati alcuni flaconi vuoti di psicofarmaci. Il giovane era lì, infagottato tra coperte e cartoni, senza scarpe e c’è anche chi sospetta che siano state rubate da qualche altro disperato. Il ragazzo, si è scoperto poi, non era un clochard, almeno non di quelli che abitualmente preferiscono i portici ai dormitori e che vengono monitorati e assistiti dai volontari e dagli operatori dei servizi sociali del Comune. Si era allontanato da casa da alcuni giorni; i suoi famigliari avevano presentato la denuncia di scomparsa. Nel suo vagare per le strade il trentenne non avrebbe incontrato nessun conoscente, nessuno che lo potesse aiutare a ritrovare la via di casa e una certa normalità. Un’ombra che si è rifugiata nei luoghi che i barboni frequentano abitualmente, al riparo dei portici di via Sacchi dove i lampioni che emanano luci fioche quasi nascondono quei fagotti con sagome umane.

VEDUTA DI VIA SACCHI DI NOTTE,  A DUE PASSI DALLA STAZIONE DI PORTA NUOVA

Faceva freddo, ed è altrettanto vero che le pillole possano essere state fatali, ma sarà l’esame tossicologico a spiegare cosa sia accaduto. Per ora «di sicuro c’è solo che è morto» e che se un passante non lo avesse notato e a sua volta fatto notare alla polizia e agli organi di informazione, oltre alla morte e all’indifferenza, ci sarebbe stato il silenzio. I servizi sociali del municipio, così come i volontari dell’associazionismo laico o cattolico sono impegnati da tempo nel prestare assistenza ai senzatetto, ma a questi si aggiungono altri disperati, invisibili: persone che vengono da fuori, malati mentali (e non è necessario scomodare Basaglia e la sua riforma per comprendere la gravità del fenomeno), fuggitivi, persone deluse negli affetti o rovinati dal lavoro. Difficile, pressoché impossibile offrire un aiuto a tutti. È una piaga che affligge ogni metropoli del pianeta che, però, non si può ignorare o cancellare. L’epilogo è quasi sempre lo stesso: «Di sicuro c’è solo che è morto», per il freddo, per i farmaci o per una coltellata inferta per procurarsi un paio di scarpe vecchie.

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