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L'INTERVISTA DELLA SETTIMANA

«Sogno un Politecnico più aperto alla città tra eventi, sport e cultura»

Stefano Corgnati, il nuovo rettore del Politecnico di Torino, racconta la sua visione di ateneo e di città

«Sogno un Politecnico più aperto alla città tra eventi, sport e cultura»

«Stavo molto attento in classe durante le lezioni così avevo più tempo libero per giocare a calcio». Stefano Corgnati, il nuovo rettore del Politecnico di Torino, nel ricordare il suo periodo da studente, mostra tutta la sua energia e il suo dinamismo, caratteristiche necessarie per svolgere al meglio l’incarico appena ottenuto che diventerà operativo a tutti gli effetti il 18 marzo con il passaggio di consegna del rettore uscente Guido Saracco. Una visione di ateneo chiara e molto concreta, la sua, già anticipata nel programma e nelle azioni previste nei primi 100 giorni di mandato.

Professor Corgnati, cos’ha provato quando ha saputo di essere stato eletto rettore del Politecnico martedì scorso?
«La sensazione è stata molto piacevole, soprattutto per la grande adesione dell’ateneo alle votazioni. Vuol dire che il Politecnico ha voglia di partecipare alle decisioni».

Come sono stati i primi giorni da “co-rettore” insieme a Saracco?
«Sono stati giorni di intensa attività lavorativa: il rettore mi ha invitato ad affiancarlo fin da subito in una fase di allineamento. Appezzo molto questi due mesi di affiancamento per effettuare il passaggio di consegne e per poter così diventare fin da subito operativo e mettere in pratica il mio programma».

Quali saranno i primi passi del suo programma?
«La priorità è il Campus: l’avvio del cantiere a Torino Esposizioni e la costruzione delle “Maniche” al Politecnico. Poi l’avvio dei piani strategici su internazionalizzazione e comunicazione, e quello più istituzionale del riavvio del collegio dei direttori degli 11 dipartimenti e della definizione dei ruoli di Cda, Senato accademico e la squadra di governo».

Qual è la sua visione di ateneo?
«L'ateneo deve diventare un laboratorio vivente di tecnologie green e digital. Dobbiamo fare ricerca e costruire un sistema di formazione e ricerca attraverso il nostro Campus che deve essere un luogo aperto in cui la sperimentazione diventa visibile. E’ molto importante sapersi raccontare alla società».

E la sua visione di Torino?
«Come una città universitaria che risulti attrattiva per le piccole e medie imprese. La grande sfida è accorciare la distanza tra università e realtà imprenditoriali».

Ci parla dello sviluppo edilizio e urbano del Politecnico nei prossimi anni?
«Ho in mente di realizzare le Maniche della Didattica e dei Dipartimenti che si svilupperanno in corso Castelfidardo, mentre nel padiglione di Torino Esposizioni si concentrerà la didattica di Pianificazione e Design. I nuovi lotti del Manufacturing Technology Center a Mirafiori e nella Cittadella dell’Aerospazio in corso Marche verranno invece dedicati alla ricerca. Un’altra aerea strategica è quella dell’Environment Park in cui portiamo la ricerca sulle tecnologie verdi in un asse che si completa con l’Energy Center e il Digital Revolution Center».

A Mirafiori i vostri laboratori nasceranno di fronte allo stabilimento Stellantis che si sta svuotando, come vi interfaccerete con il Gruppo? E l’arrivo della metropolitana, per cui non ci sono ancora i fondi, è fondamentale?
«La realizzazione dei laboratori sulla manifattura avanzata e mobilità nel Manufacturing Technology Center, che vale 71 milioni di euro, spero possa incentivare l’arrivo della metropolitana a Mirafiori, fondamentale per lo sviluppo di quell’area. Tra noi e Stellantis c’è grande dialogo e apertura, portiamo avanti il corso di studi in Automotive realizzato con la Fiat, anche se come ateneo puntiamo soprattutto sullo sviluppo delle piccole e medie imprese».

Lei è stato due volte sindaco del Comune di Livorno Ferraris. Quanto ha inciso questa esperienza nella sua formazione?
«E’ stata un’esperienza fondamentale perché da una parte mi ha permesso di avere un’esperienza diretta e quotidiana con una comunità e di capirne i bisogni. Dall’altra mi ha consentito di conoscere a fondo i processi amministrativi, dal bilancio alla gestione dei procedimenti edilizi, determinanti oggi anche nel governo di un ateneo».

Che ruolo giocherà, con lei, il Politecnico di Torino nello scenario politico?
«Il mio obiettivo è quello di aiutare la politica a prendere delle decisioni attraverso il sapere scientifico. Mi ha fatto molto piacere ricevere a telefonata del Ministro Bernini che ha condiviso la linea di internazionalizzazione del Politecnico di Torino come eccellenza di formazione per il sistema Paese».

Lei punta molto sull’internazionalizzazione anche per contrastare lo spopolamento di Torino. Verso quale area del mondo vi concentrerete?
«Nel 2030 le università percepiranno il calo demografico italiano, dobbiamo essere pronti ad attrarre qui gli studenti dall’Europa e dagli altri continenti. Il mio intento è quello di sviluppare il dialogo con l’Africa, abbiamo già una rete di formazione trans europea che vorrei ampliare. Altro asse di sviluppo è quello con l’America Latina, mentre i rapporti con la Cina, Giappone e Azerbaigian sono già solidi ma vanno intensificati».

Il suo curriculum internazionale è noto, ha fatto esperienze in Danimarca, Giappone, Stati Uniti e Corea. Come si interfaccerà il Politecnico invece nel contesto regionale?
«Vogliamo aiutare sempre di più il territorio piemontese a sviluppare le capacità imprenditoriali intensificando il dialogo con i territori. Abbiamo tre master nel Cuneese e altre esperienze nell’Eporediese e nel Biellese. Vorrei consolidare e ampliare questi progetti».

Che studente era Stefano Corgnati?
«Io sono nato e cresciuto nel Politecnico. Sono sempre stato un grande amante degli appunti e degli schemi: nella mia campagna infatti ho riempito sei quaderni che terrò sempre con me. Come studente ero molto attento in aula così avevo più tempo libero fuori dall’università che utilizzavo soprattutto per giocare a calcio».

Che cosa rappresentano per lei il calcio e lo sport?
«Ho giocato nel ruolo di libero nelle giovanili della Pro Vercelli, poi sono passato al Trino Vercellese, al Crescentino e al Livorno Ferraris. Ho sempre considerato lo spogliatoio come luogo ideale per costruire dialogo, appartenenza e spirito di squadra. Per questo voglio rafforzare legame tra il Politecnico e lo sport».

In che modo?
«Attraverso la collaborazione con il Cus Torino e altre realtà: il mio intento è quello di realizzare eventi sportivi a cadenza settimanale e mensile. Un altro obiettivo importante è anche quello di sviluppare le attività culturali del Politecnico insieme a enti e associazioni».

Che squadra tifa?
«Tifo Toro. In famiglia abbiamo una grande fede granata, soprattutto mia moglie Valentina».

Lei e sua moglie avete figli?
«Sì, Giacomo, di 4 anni e mezzo».

Che consiglio si sente di dare ai suoi studenti e in generale ai giovani?
«Di guardare il mondo con curiosità. Vorrei che i miei studenti si interessassero a tutte le discipline del Politecnico: Ingegneria, Architettura, Pianificazione e Design, e trovassero la bellezza in tutti gli orientamenti. Dobbiamo fare un fortissimo investimento di comunicazione per trasmettere la bellezza delle scienze tecnologiche».

Il Politecnico però continua a essere un’università maschile. Vuole invertire questa tendenza?
«Sì, abbiamo già fatto tantissimo per attirare le donne, c’è già stato e continuerà a esserci un forte investimento per essere attrattivi rispetto a tutti e tutte».

Come immagina Torino tra 15 anni?
«Se tutto il sistema Torino fa la sua parte, e anche il Politecnico, immagino una città piena di energia giovane e più internazionale, capace di acquisire una piena centralità nelle sue vocazioni industriali e turistiche».

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