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L'INTERVISTA

"Mi hanno dato un giorno e mezzo di vita"

Parla il "miracolato". Il paziente è un'operaio di 56 anni, si chiama Riccardo, è sposato e ha una figlia

"Mi hanno dato un giorno e mezzo di vita"

Riccardo

Il “miracolato”, quello di cui tutti parlano in queste ore, il paziente che si è sottoposto al doppio trapianto di fegato e flora batterica, il primo al mondo: ma anche un padre, un marito, un operaio, un uomo: Riccardo ha 56 anni ed ha sofferto di rene e fegato policistici praticamente da sempre.
“Da quando sono nato. Anche mio padre ne ha sofferto.”
Una condizione difficile: si formano numerose sacche piene di liquidi in entrambi i reni, le cisti appunto. Gli organi si ingrossano, tuttavia il tessuto funzionale è minore. Più della metà dei soggetti affetti arriva ad un punto dove deve sottoporsi al trapianto di rene o alla dialisi.

Rappresentazione grafica di un fegato policistico


“Sono in cura da quando ho 20 anni: ogni 3/4 mesi dovevo sottopormi ad una terapia. Mi hanno sempre seguito all’ospedale Martini di Torino” continua Riccardo.
“La mia vita l’ho condotta in maniera più naturale possibile. Succede che un giorno, casualmente, mi rompo un menisco a causa del pavimento sdrucciolevole. Camminavo, mi trovavo nei dintorni di casa, una scivolata e…” prosegue.
“Ecco. Mi reco al Martini: 20 giorni dopo ero in sala operatoria. Menisco nuovo, ma io comincio a stare male. Non ragiono bene, sono giallo in faccia, ho l’ittero. Dalla chirurgia del menisco erano passate 3 settimane. Torno in ospedale e qualche giorno dopo mi portano alle Molinette. Mi danno per spacciato: un giorno e mezzo di vita, secondo i medici. E li parte la maratona: che comincia con una microbiota fecale - ovvero, una terapia di 50 pastiglie da ingerire in due ore circa - tutto questo serviva a favorire il ‘cambio della mia flora batterica’. Una volta che i valori sono diminuiti, si apre la finestra per il trapianto. Nel frattempo il mio fegato ormai era un insieme di cisti; 15 chili.”

Riccardo è alto: 184 cm. Era arrivato a pesare 70 chili: nelle ultime settimane aveva perso oltre 40 chili. Nessuna terapia antibiotica ha mai fatto effetto. E, finalmente, il trapianto. In considerazione delle gravi condizioni cliniche, il Direttore del Centro Trapianto Fegato di Torino, professor Renato Romagnoli, ed il Direttore del Centro Trapianto Rene, professor Luigi Biancone, avevano concordato di dare priorità di trapianto all’organo salvavita, ossia al fegato, posponendo il trapianto di rene in un secondo momento. “Io sono rinato. Non è un luogo comune. Ero certo di morire. Cosa ho pensato, quando mi hanno stimato un giorno e mezzo di vita? Che non avevo grossi rimpianti e che avevo cresciuto bene mia figlia, insieme a mia moglie” Si commuove Riccardo. La voce trema, il ricordo di quelle ore, la paura di non farcela. “Quando mi sono svegliato, invece, vivo… Mia figlia. Io credo che vedere mia figlia sia stato ancora più bello del giorno in cui è nata. Io vivo per lei. Ci siamo stretti forte e non l’avrei lasciata per ore”. Piange Riccardo. “Scusa. È che è tutto così nitido. Sai, io ho fatto una vita di cacca, scusa la parola. Sono un operaio, ho dovuto dire sempre ‘sissignore’ nella mia vita. Ma questa storia, mi ha insegnato tanto! Non ho più intenzione di fare una vita solo di sacrifici e soprattutto, non mi morderò mai più la lingua pur di non parlare! Dirò sempre cosa penso. La vita? È una sola. Io, grazie a questo miracolo, è come se ne avessi avute due”.

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