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Le indagini
02 Marzo 2024 - 07:30
Renato Curcio e il risultato della battaglia di Cascina Spiotta
Dopo 50 anni, la risposta al giallo potrebbe essere nascosta in centinaia di pagine di intercettazioni. O nelle impronte digitali rimaste impresse in due bossoli trovati insieme agli occhiali, allea penna e ai documenti di Giovanni D’Alfonso, il carabiniere ucciso nel conflitto a fuoco con le Brigate Rosse a Cascina Spiotta, vicino ad Alessandria.
Era il 5 giugno 1975 e ieri i militari del Reparto operativo speciale, coordinati dalla procura di Torino, hanno notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari agli ex brigatisti Lauro Azzolini, Renato Curcio, Pierluigi Zuffada e Mario Moretti (che ha confessato l’omicidio di Aldo Moro nel 1978).
Il sequestro Gancia
Le indagini si sono concentrate sui responsabili del sequestro dell’imprenditore Vittorio Vallarino Gancia, avvenuto il 4 giugno 1975 ad opera delle Brigate Rosse, e dello scontro a fuoco della mattina dopo. Nella sparatoria, oltre all’appuntato, perse la vita la moglie di Curcio, Margherita “Mara” Cagol, e vennero gravemente feriti il tenente Umberto Rocca e il maresciallo Rosario Cattafi.
Umberto Rocca, scomparso a novembre col grado di generale
Dopo il conflitto, uno dei sequestratori riuscì ad allontanarsi ed ogni tentativo di identificarlo è stato vano. Sarà la volta buona dopo quasi 50 anni? Negli atti, firmati dal procuratore aggiunto Emilio Gatti, vengono ricostruiti i ruoli dei quattro indagati: all’epoca Curcio e Moretti, insieme a Cagol, erano i componenti del comitato esecutivo delle Br. E vengono accusati dell’omicidio in quanto mandanti del sequestro di Vallarino Gancia, effettuato da Cagol, Azzolini, Zuffada e altri terroristi mai identificati.
Vittorio Vallarino Gancia dopo la liberazione (anche lui è scomparso lo scoros novembre)
Moretti e Curcio rispondono anche del successivo conflitto a fuoco, visto che avevano dato un ordine preciso ai sequestratori: “Se avvistate il nemico vi sganciate prima del suo arrivo, se venite colti di sorpresa ingaggiate un conflitto per rompere l’accerchiamento” (come si legge nel Giornale delle Brigate Rosse trovato addosso a Giovanni Battista Miagostovich, membro delle Br arrestato il 20 ottobre ‘75).
Renato Curcio in una foto recente
«Non è il caso che commenti» dice l’81enne Curcio quando viene contattato al telefono da TorinoCronaca. L’ex terrorista, uno dei fondatori delle Br, ringrazia con voce dimessa e mette giù il telefono. E’ più loquace il suo avvocato, Vainer Burani: «Quando è stato sentito a Roma per questa inchiesta, il mio cliente ha ricordato che lui era appena stato liberato dal carcere di Casale Monferrato ed era nascosto in Liguria». E non era informato del sequestro e del conflitto a fuoco? «No, anzi. E’ il primo a voler sapere com’è morta sua moglie: abbiamo consegnato i risultati dell’autopsia, che ha accertato come Mara Cagol sia stata colpita prima alla schiena e a un polso. La ferita mortale, invece, è arrivata con un proiettile entrato sotto l’ascella sinistra e uscito sotto quella destra. Quindi è stata uccisa mentre era con le mani alzate». E’ stata giustiziata, quindi? «E’ quello che vogliamo capire. Il dubbio c’è».
Mara Cagol
Speranza nei bossoli
L’altro dubbio, che dura da 50 anni, è su chi sia l’assassino materiale di D’Alfonso. Cioè il brigatista che è scappato dopo il conflitto a fuoco con i carabinieri: secondo la Procura di Torino, che può contare anche su sue intercettazioni ambientali recentissime, è Lauro Azzolini, che a settembre compirà 80 anni. E che, quel giorno a Cascina Spiotta, sparò con la pistola e lanciò tre bombe a mano contro i carabinieri.
Bruno D'Alfonso da bambino con il papà Giovanni
Ci sono le sue impronte nei bossoli che Bruno D’Alfonso ha trovato insieme agli oggetti personali del padre? «Pensavo che fossero della sua calibro 9 d’ordinanza, invece ho guardato bene e ho letto il numero “765” - ricorda il figlio dell’appuntato ucciso, che oggi ha 59 anni - Per quello li ho consegnati quando ho presentato l’esposto nel 2022. So che i Ris di Parma li hanno analizzati e hanno confrontato le impronte digitali. Spero che sia l’ultimo tassello di un’inchiesta che finalmente è andata a fondo di questa vicenda. E’ una soddisfazione per me e la mia famiglia, ora aspettiamo finalmente il processo».
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