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SCUOLA

Il maestro Manzi, l'economia digitale e la didattica a distanza al concorso per gli insegnanti: «Ma c'è posto solo per un "prof" su tre»

Sono cominciate questa mattina le prove scritte del concorso per l'immissione in ruolo alla scuola primaria, mercoledì e giovedì toccherà ai "precari" di medie e superiori. Critici i sindacati: «Procedura obsoleta che non certifica la capacità di insegnamento»

Il maestro Manzi, l'economia digitale e la didattica a distanza tra le 50 domande del concorso per gli insegnati: «Ma su 21mila candidati avrà la cattedra solo un "prof" su tre»

«Il primo passo lo abbiamo fatto e direi che è andata bene». Laura, 26 anni, esce dal cancello del Liceo Alfieri gioiosa come una scolaretta dopo l’esame di maturità ma quella soglia, stamattina, l’ha superata in veste di docente «precaria». Una dei tanti che ha affidato tutti i suoi sogni al concorso per l’immissione in ruolo di oltre 4mila insegnanti tra scuola primaria e secondaria in Piemonte. «Precaria, sì, ma sono soltanto agli inizi» tiene a precisare quasi con una punta di pudore, mentre una decina di colleghe e colleghi abbandonano dietro di lei l’aula dove si è svolto il primo “test” a crocette: 50 domande a cui rispondere in 100 minuti dall’esito immediato e promozione oltre 70/100. Lunedì è toccato agli aspiranti per il “posto fisso” nella scuola primaria: 5.195 candidati per 1.797 posti pari al 31,5%.

Dal maestro Manzi alla "Token economy"
Uno dei quesiti che ha colpito più candidati, per molti quasi un ostacolo, riguardava il programma televisivo “Non è mai troppo tardi. Corso di istruzione popolare per il recupero dell’adulto analfabeta” curato da Oreste Gasperini, Alberto Manzi e Carlo Piantoni e prodotto dalla Rai tra il 1960 e il 1968. «La scuola di recupero per centinaia di migliaia di italiani» spiega Antonio che, di certo, all’alba dei trent’anni non ha l’età per averlo visto in televisione, «ma lo ricordo perché, quando ho iniziato a insegnare alle elementari, mio nonno mi chiamava “maestro Manzi” e mi ha fatto quasi commuovere ritrovarmelo tra i quesiti». Per il resto quasi nessuno degli interpellati sembra avere avuto particolari difficoltà sulle altre questioni d’esame: “Piaget e stadi evolutivi” su cui sembrano essere stati favoriti i più giovani, freschi di studi universitari. E ancora, “Il paradigma della complessità di Edgar Morin”, “Continuità orizzontale e verticale” e le “Tre A di Serge Tisseron per l’educazione digitale” Insomma, argomenti specifici per chi ambisce ad insegnare, partendo dalle basi come “Il significato della pedagogia” o “I significati di Paideia e Pais”. Ma anche interrogativi su questioni piu che attuali come il “Digital brainstorming” o la “Didattica a distanza” per arrivare persino alla “Token economy”.

Critici i sindacati: «Procedura obsoleta, non certifica la professionalità»
Secondo le prime stime dei sindacati la partecipazione ha superato l’84% delle domande arrivate al Miur per insegnare alle elementari, con candidati sparsi in 51 scuole, licei e istituti superiori tra Torino e Provincia. Mercoledì e giovedì toccherà a chi aspira ad una cattedra alle medie o alle superiori: circa 17mila docenti, alcuni con decine d’anni di insegnamento, tra gli oltre 230mila “prof” senza un contratto a tempo indeterminato. «Non abbiamo ricevuto particolari lamentele sulla procedura: i primi riscontri ci dicono che la prova non ha mostrato particolari difficoltà, anzi, forse è il sistema “a risposta chiusa” o “a crocette” che non ha molto senso» commenta la segretaria di Cisl Scuola Piemonte, Maria Grazia Penna, evidenziando però come ci siano «pochissime candidature per i posti di sostegno, in particolare nelle scuole dell’infanzia e primaria». Secondo la Cisl, appunto, 48 candidati su 1.357 posti alle elementari e 148 su 733 alle medie. Critico rispetto alla procedura Diego Miele di Uil Scuola. «Ormai le forme concorsuali sono obsolete, rappresentano lungaggini inutili che, oltretutto, non portano una vera certificazione rispetto alle capacità d’insegnamento de candidato di cui si finisce per conoscere solo la formazione sulla singola materia ma non la professionalità che può esprimere». Secondo la Uil per stabilizzare gli oltre 230mila precari della scuola basterebbero 187 milioni di euro. «Briciole se paragonate alle risorse del Pnrr» chiosa Miele.

«Speriamo soltanto di non aver perso troppo tempo nella preparazione»
Al di là delle polemiche e delle istanze c’è chi spera soltanto di «non aver perso tempo nella preparazione, speriamo di non trovarci di fronte a domande assurde come è capitato altre volte» racconta Veronica che all’Alfieri già insegna educazione fisica da diversi anni e, mercoledì, tornerà nella sua scuola a ruoli inversi, in veste di esaminanda e non di docente. «Poi, se supererò la prova scritta che “a crocette” è veramente un’incognita assurda, bisognerà vedere la simulazione all’orale. Di una cosa sono certa, non è questo il modo di reclutare nuovi insegnanti per la scuola per una ragione innanzitutto, il precariato fa male prima ai nostri allievi in termini di continuità didattica e, naturalmente, anche a noi come professionisti non riconosciuti di un sistema tutt’altro che al passo con le necessità». Un giudizio severo ma condiviso anche da chi come Mario ha accompagnato la propria fidanzata alla prova. «Lei insegna da molti anni, eppure, non è ancora di ruolo: ci auguriamo davvero che ce la faccia questa volta ma, viste le domande di alcune prove degli anni passati, ho paura che possa anche venire fermata da qualche quesito bizzarro». Un’impressione che, al momento, non sembra trovare riscontro nei primi esiti snocciolati all’esterno degli istituti in cui si è svolta la prima prova. «È andato tutto bene» conferma anche Isabella, arrivata dalla Sicilia, che ha sostenuto l’esame al Cavour. «L’importante è averlo superato».

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