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IL CASO
15 Marzo 2024 - 17:30
Da ieri mattina, davanti al Regina Margherita di Torino, c’è una nuova panchina. Tutta colorata in lilla, su cui sedersi e, magari, riflettere sugli strascichi che la pandemia di Covid ha portato con sé e di cui paghiamo ancora oggi le conseguenze. Primo fra tutti, il raddoppio dei disturbi alimentari tra bambini e adolescenti. Veicolando, però, un altro importante messaggio di speranza: guarire è possibile. Così l’inaugurazione della panchina in piazza Polonia diventa più di un gesto simbolico, ma una vera e propria testimonianza realizzata grazie all’associazione “Lo Specchio Ritrovato”, che riunisce familiari di persone affette da disturbi alimentari sotto la Mole Antonelliana.
Numeri da paura
I numeri legati ai disturbi alimentari sono preoccupanti. In Piemonte, il numero di pazienti in età evolutiva in carico a livello ambulatoriale/territoriale è aumentato del 112% dopo l’epidemia di Covid. L’ospedale Infantile Regina Margherita ha visto un incremento del 100% degli accessi in urgenza dal pronto soccorso per anoressia dal 2018 al 2021, con un trend in costante crescita. Circa il 30% di questi pazienti richiede ricovero, principalmente nei reparti di Neuropsichiatria Infantile e Pediatria, con soggiorni spesso prolungati, superando i sessanta giorni. Particolarmente rilevante è l’aumento dei passaggi al “day hospital psichiatrico-terapeutico per disturbi mentali”, con un notevole incremento dei casi di disturbi del comportamento alimentare. Attualmente, i pazienti con disturbi alimentari rappresentano il 60% del totale dei pazienti in carico, rispetto al 10% nel 2018. Questo ha portato a una riorganizzazione del servizio, con l’introduzione delle “cene” a partire dal 2021, per offrire percorsi terapeutici più completi che includono pasti assistiti.
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A livello nazionale, emerge che il 90% dei casi di disturbi alimentari riguarda le ragazze, con il 59% dei casi che si verificano tra i 13 e i 25 anni, e il 6% riguarda bambini sotto i 12 anni. La prevalenza è dell’anoressia nel 42% dei casi, seguita dalla bulimia (18%) e dal “binge eating” (15%). Inoltre, oltre il 70% dei pazienti presenta comorbidità con sintomi psichiatrici, come ansia, autolesionismo e disturbi dell’umore. «L’identificazione precoce e l’intervento tempestivo e multiprofessionale integrato, orientato alla persona in rapporto alla fase di sviluppo ed all’ambiente di vita, con il coinvolgimento delle famiglie - spiegano dall’ospedale - sono decisivi per una prognosi migliore, nell’ottica di una possibile transitorietà dei disturbi in età evolutiva per ridurre il ricorso all’ospedalizzazione e soprattutto per scongiurare il passaggio ad una condizione permanente, con un rischio di mortalità che risulta aumentata dal 5% al 10%».
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