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Il Borghese

Adesso ritorna il servizio di leva?

Finora l’Italia è stata a guardare, ma ora occorre considerare la leva come una necessità, piuttosto che un’opportunità

La leva

Si torna a parlare del servizio militare

Ritornerà il servizio di leva? I bene informati, sfidando le critiche dei pacifisti ad oltranza, non lo escludono affatto. Anzi c’è chi afferma che un pool di esperti stia già lavorando ad un progetto che prende spunto dai Paesi Baltici e anche dalla Francia dove, su proposta del presidente Macron è stato istituito un Service national universel (Sna) che assomiglia ad un servizio di leva e si rivolge agli adolescenti tra i 15 e i 17 anni, propedeutico ad una formazione militare più concreta. Per capire la dimensione del “piano Macron”, nel 2023 hanno partecipato alla Snu oltre 40mila ragazzi. L’Italia è stata a guardare, ma ora occorre considerare la leva come una necessità, piuttosto che un’opportunità. L’acqua bolle in pentola e il peso del conflitto Russo-Ucraina, specie dopo l’assalto terroristico di Mosca e le pesanti accuse che Putin ha mosso all’Occidente, fa salire la temperatura. E basta considerare le parole dell’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, capo di stato maggiore della Difesa, per capire che il problema della nostra capacità militare è diventata di scottante attualità.

«Le nostre forze armate – sostiene l’ammiraglio che a breve si trasferirà a Bruxelles per occuparsi di Difesa europea – sono assolutamente sottodimensionate. Servono come minimo 10mila uomini in più rispetto all’esistente. Ma anche con questo sforzo, arrivando a quota 170mila tra soldati e soldatesse in ogni caso saremmo al mite della sopravvivenza». Il problema risale a decisioni assunte nel 2012 dall’allora ministro della Difesa Di Paola (Governo Monti) che ridimensionò le nostre forze armate in maniera consistente. Ma quelli erano tempi diversi – dice ancora l’ammiraglio – mentre oggi la domanda di sicurezza è esplosa. E lo scenario, anche a causa del ritorno del terrorismo, rischia di complicarsi ancora di più. «Insomma l’impegno dell’Italia è molto più massivo rispetto a 12 anni fa - aggiunge l’ammiraglio – e bisognerà aumentare gli organici. Ma non solo. «Non smetterò mai – sono le parole pesanti di Giuseppe Cavo Dragone – di chiedere più uomini finchè non mi cacceranno. La lezione sul campo dell’Ucraina ci insegna che anche la nostra industria militare non è pronta». Quanto basta per far capire al Paese, cominciando dalle componenti politiche, che occorre una nuova organizzazione della nostra difesa. Seguendo un motto che viene dal Baltico: «Nessuno vuole combattere, ma nessuno vuole nemmeno essere invaso».

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