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CULTURA
15 Aprile 2024 - 06:00
Giovanni Gentile
Il 15 aprile segna l'ottantesimo anniversario dell'assassinio di Giovanni Gentile, evento tragico che continua a suscitare profonda riflessione sulla sua eredità e sul significato della sua opera nell'ambito della cultura italiana. Gentile, ultimo grande filosofo dell'Accademia e fervente promotore della cultura, fu ucciso a Firenze da un commando dei Gap, un gruppo sanguinario legato al partito comunista, in un clima di guerra civile che vedeva l'Italia divisa e ferita. Il 15 aprile 1944 veniva brutalmente assassinato uno dei filosofi più influenti del Novecento. A ottant'anni da quel tragico evento, la sua figura giganteggia ancora nel panorama filosofico e culturale italiano, nonostante le controversie culturali e politiche che hanno in passato tentato di offuscare il suo retaggio. La figura di Gentile, però, trascende il mero contesto politico che portò al suo omicidio. La sua opera e il suo pensiero hanno lasciato un'impronta indelebile sulla filosofia e sulla cultura italiana.
GIOVANNI GENTILE NEL SUO STUDIO
L'assassinio di Gentile non fu solo l'eliminazione fisica di un uomo, ma mirava a cancellare simbolicamente la sua influenza e i suoi ideali. Tuttavia, ciò non ha impedito che le sue teorie e la sua visione filosofica continuassero a influenzare il pensiero italiano pure nel nuovo millennio, anche se solo pochi hanno il coraggio e l’indipendenza intellettuale di riconoscerlo. Il suo concetto di "Umanesimo del lavoro", che eleva ogni forma di attività umana, intellettuale o manuale, a manifestazione della dignità risuona oggi più che mai attuale, in un'epoca di significative trasformazioni sociali ed economiche, in cui il lavoro viene svalutato, precarizzato e umiliato da un sistema governato dal capitalismo finanziario e globalista. Il pensiero di Gentile, soprattutto nella sua opera "Genesi e struttura della società", riflette una profonda comprensione della società e delle sue dinamiche, proponendo un modello di stato in cui ogni individuo contribuisce e partecipa attivamente alla vita civile e culturale. Questa visione, seppur controversa, invita a riflessioni su come superare le disuguaglianze e promuovere una più autentica integrazione sociale. Specialmente oggi che tanto si parla di inclusione senza avere piena contezza dell’influenza esercitata dall’apparato concettuale gentiliano che ne fa il centro della sua speculazione.
L’eredità filosofica di Gentile è sterminata, diffusa in molteplici opere. Dalla Filosofia dell’Arte alla Riforma della Dialettica Hegeliana (testo apprezzato perfino da Lenin) alla Teoria Generale dello Spirito come Atto Puro, solo per citare le fondamentali. La sua speculazione è un pilastro dell'idealismo italiano, una corrente che ha proposto una visione profondamente innovativa della realtà, centrata sull'attività dello spirito e sul dinamismo del pensiero. La sua "teoria dell'atto puro" e il suo impegno verso un "umanesimo attivo" hanno contribuito a definire il dibattito filosofico del Novecento. La sua visione dell'educazione come pratica filosofica e la sua influenza sul sistema educativo italiano rimangono punti di riferimento essenziali. Non si può di certo ignorare il ruolo che Giovanni Gentile ebbe nel fascismo. Sostanzialmente fornì al regime gli assi portanti per l’impalcatura ideologica. Ne ispirò le riforme e la dottrina per inverare le nuove istituzioni. Ispirò una sorta di primato della cultura e divenne con la miriade di suoi allievi (che dopo la sua morte lo disconobbero chi per viltà chi per far carriera) una sorta di intellettuale collettivo organico al fascismo.
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Tuttavia, è arrivato il tempo ormai di separare le sue adesioni politiche dall'analisi del suo contributo intellettuale. Gentile ha sempre creduto nel potere della filosofia come forza attiva nella società, un credo che ha cercato di realizzare attraverso il suo impegno civile e politico. L'assassinio di Gentile è stato un atto di violenza che ha interrotto bruscamente la vita di un uomo che aveva dedicato la sua esistenza allo sviluppo culturale dell'Italia. Questo gesto non solo ha privato il paese di uno dei suoi più grandi pensatori, ma ha anche lasciato una cicatrice nella storia intellettuale italiana, spesso utilizzata per delegittimare l'intero corpus del suo lavoro. La pavidità dell’imperante “intellighenzia” conformista non ha mai permesso di intitolare una via o una piazza al grande italiano Giovanni Gentile, mentre a Firenze hanno intitolato una via al suo assassino. Questa è l’Italia che ci disgusta. Oggi, a ottant'anni dalla sua morte, è tempo di riscoprire Giovanni Gentile al di là delle polemiche politiche. La sua opera offre spunti preziosi per riflettere su temi universali come l'identità, la comunità e il ruolo dell'individuo nella società.
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