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L'inchiesta

Le mani delle mafie sulla sanità, il nuovo business della 'ndrangheta nel Nord Italia

Da Torino a Milano, dopo la droga, l'usura, le estorsioni e gli appalti, i boss aprono un nuovo fronte criminale

Gli affari della criminalità organizzata

Le mafie puntano sulla sanità

Una serie di relazioni, amicizie e conoscenza di livello. Un intreccio di rapporti che ha destato i sospetti della Squadra Mobile di Milano che, in una lunga informativa, aveva messo in luce qualche tempo fa, i nuovi affari della ’ndrangheta in un contesto profondamente mutato dopo le grandi inchieste contro la presenza del crimine organizzato al Nord: da Minotauro, Infinito, Albachiara in avanti. Dall’informativa emergono nomi importanti, non solo quelli di boss o di tradizionali famiglie calabresi, ma anche quelli di insospettabili professionisti, come alcuni medici che lavorano in altrettanti importanti ospedali del Settentrione. Una conferma ulteriore dell’interesse mafioso per la Sanità. Un interesse cresciuto durante il periodo della pandemia, la nuova frontiera della criminalità organizzata.

La capacità di adattamento delle famiglie criminali calabresi e la loro struttura «flessibile» hanno permesso di riempire i vuoti dopo i 300 arresti dell’operazione Infinito-Crimine (luglio 2010) e i 149 di Minotauro e altri 500 di tutte le inchieste fino al 2024. Tanto che, secondo la polizia, i clan a Torino e Milano si sono «immediatamente riorganizzati e hanno di fatto ricostruito e preservato la scala gerarchica che consente alla ‘ndrangheta di rimanere solidamente legata al territorio». Dopo aver investito sui politici, spesso con aspettative superiori rispetto ai risultati ottenuti, oggi i clan «si sono posti l’obiettivo di entrare direttamente nei gangli della vita imprenditoriale e politico-istituzionale», candidando affiliati di assoluta fiducia e immacolati nelle amministrazioni locali. «Gli appartenenti alla ‘ndrangheta, dimorando al Nord ormai da più generazioni, hanno progressivamente acquisito una piena conoscenza del territorio consolidando rapporti con le comunità locali e privilegiando specifici contatti con rappresentanti della politica e delle istituzioni locali che occupano ruoli chiave nelle amministrazioni». Il tutto, come annotano gli investigatori, grazie alle nuove generazioni che hanno permesso alla ‘ndrangheta al Nord di «diventare col tempo un’associazione dotata di un certo grado di indipendenza rispetto a quella autoctona calabrese con la quale continua comunque a mantenere rapporti molto stretti».

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Il nuovo «governo» delle ‘ndrine «si realizza con un tasso di violenza marginale, privilegiando invece forme di accordo e collaborazione con settori della politica, dell’imprenditorie e della pubblica amministrazione». Così, come era emerso nel recente passato, dal traffico di cocaina l’attenzione dei boss si sarebbe spostata sull’edilizia, sugli appalti pubblici (Expo, ma non solo), usura, frodi immobiliari, giochi, scommesse e l’acquisto di locali in centro e, infine, la Sanità, dagli ospedali, ai centri medici e di analisi, alle cliniche di lusso. Poi i clan investono all’estero: Romania, Gran Bretagna, Cipro e Svizzera. Per ciò che riguarda i medici, che sono stati indagati, l’inchiesta aveva messo in luce rapporti con un presento boss del calibro di Pasquale Barbaro detto ‘U Nigru , originario di Platì (Reggio Calabria) e arrestato nel 2011 nell’inchiesta Minotauro. Ma Barbaro, oggi 73enne, difeso dall’avvocato Mauro Ronco del Foro di Torino, non solo è stato assolto da tutte le accuse, ma ha chiesto allo Stato allo Stato un risarcimento di 516 mila euro per “ingiusta detenzione”. Secondo gli inquirenti, Barbaro era il referente a Platì della locale di Volpiano, ma la rappresentazione giudiziaria ha dimostrato che, invece, Barbaro altro non sarebbe che un modesto idraulico che vive e lavora in Calabria.

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