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L'inchiesta
08 Giugno 2024 - 07:30
Il dato di fatto è che in un caveau del Lingotto c'erano dei quadri: secondo la Procura di Milano, sulla base di un'annotazione della Guardia di finanza milanese, sono alcuni dei 13 dipinti scomparsi degli Agnelli. I procuratori di Torino, invece, sono convinti che solo due siano originali mentre gli altri sarebbero delle copie: chi ha ragione? A stabilirlo sarà una consulenza che i magistrati torinesi hanno affidato a degli esperti d'arte, cui spetterà dare una risposta definitiva su quei quadri misteriosi. E sciogliere finalmente il giallo che fa litigare tre generazioni di Agnelli.
La base di partenza è che, da anni, mancano all'appello 13 capolavori appartenuti all'Avvocato Gianni Agnelli. Dipinti di Monet, Picasso e Balla che sono spariti e che la figlia Margherita Agnelli vuole recuperare, convinta che siano suoi: a quanto pare, arredavano le proprietà più celebri della famiglia, Villa Frescot e Villar Perosa a Torino (oltre a una residenza romana), residenze di cui Margherita aveva la nuda proprietà prima che morisse la madre Marella Caracciolo. La quale, a quanto pare, ha regalato le opere ai nipoti John, Lapo e Ginevra Elkann.
Adesso emerge una relazione depositata alla Procura di Milano dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza nell'inchiesta che ha portato il giudice Lidia Castellucci ad archiviare la posizione di un gallerista svizzero e di un suo collaboratore accusati di ricettazione. Inoltre la gip ha disposto ulteriori accertamenti su suggerimento di Margherita nella sua opposizione alla richiesta di archiviazione.
L'informativa delle Fiamme Gialle è stata redatta in base alle testimonianze, riportate nell'atto, di Paola Montalto e Tiziana Russi. Cioè segretaria e governante di Marella Caracciolo, che si sono occupate degli inventari dei beni ereditati. Le due donne, sentite insieme a una terza persona al servizio della moglie dell'Avvocato, hanno dato la svolta alla ricerca: a sentire loro, quelle tele di Monet, Picasso, Balla e De Chirico erano alle pareti dell'appartamento romano a Palazzo Albertini-Carandini, di cui Margherita ha la nuda proprietà, e che furono poi donate ai tre nipoti Elkann dalla nonna. Dichiarazioni, queste, a cui è stato trovato riscontro: come emerso successivamente alle tre deposizioni, quasi tutte le opere sono state trovate durante un'ispezione della Guardia di Finanza dello scorso 8 febbraio, delegata dalla Procura torinese nell'indagine principale sull'eredità. Erano quasi tutte nel caveau della Fca Security mentre una sarebbe in una casa a St. Moritz (e una sua copia nella pinacoteca Agnelli di via Nizza).
Sul caso fonti vicine a Margherita chiariscono che «i quadri oggetto di denuncia nel procedimento di Milano (che prosegue) non possono essere stati donati, in quanto Marella non ne aveva la proprietà. Peraltro, non risulta ad oggi formalizzato alcun documento di donazione. Comunque, qualora le indiscrezioni fossero confermate, vi sarebbero atti invalidi e verrebbe richiesta l'immediata restituzione delle opere che sono e restano di proprietà di Margherita Agnelli».
Per ora il giallo rimane perché la Procura di Torino, che indaga sull'eredità dell'Avvocato e di Marella Caracciolo, è convinta che al Lingotto ci fossero solo due originali: "La chambre" di Balthus e il "Pho Xai" di Gérome. Sarebbero invece copie il "Glacon Effet Blanc" di Monet, "La scala degli addii" di Balla e "Mistero e malinconia di una strada" di De Chirico. Allora dove sono gli originali? Qualche risposta potrebbe arrivare da Giorgio Ghilardini, cioè "l'uomo dei quadri degli Agnelli": il trasportatore, oggi 76enne, ci aveva raccontato in un'intervista come spostasse i dipinti da una residenza all'altra. Ma non aveva saputo dire nulla sulle opere scomparse. Il mistero s'infittisce, anche perché, in mezzo alle decine di carte trovate in case e uffici dai finanzieri, c’è un faldone bianco etichettato “Opere d’arte 2003-2019” e uno verde con la scritta “Esportazioni temporanee e definitive”. La spiegazione del mistero è lì dentro?
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