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La denuncia
21 Giugno 2024 - 08:00
La foto del molestatore del bus 68 che Valentina ha allegato alla sua denuncia
Valentina ha ancora fissato nella mente quello che ha vissuto una settimana fa: «Sono sotto shock, non riesco più a prendere un mezzo pubblico». Colpa di quel nordafricano sulla trentina che, lo scorso venerdì sera, si è appoggiato contro di lei a bordo del bus 68: «Ho sentito qualcosa di duro strusciarsi più volte, poi mi sono spostata e ho visto che aveva il pene fuori dai pantaloni» riporta ancora la 25enne torinese, che ha avuto la lucidità di fotografare quell’uomo e di denunciarlo per violenza sessuale ai carabinieri della Stazione Po Vanchiglia. E di raccontare a TorinoCronaca quello che le è successo: «E’ giusto mettere in guardia altre ragazze». Anche perché quello non è l’unico maniaco che popola i bus torinesi: di recente un nigeriano di 39 anni è stato condannato per una serie di violenze sessuali aggravate su studentesse minorenni, casualmente proprio a bordo del bus 68. Ma è libero in attesa della sentenza definitiva.
Ha molestato ben sei ragazze, molte delle quali minorenni, sul 68 e altri pullman di Torino. E per questo è arrivata la condanna: un nigeriano di 39 anni, definito il “maniaco del 68”, dovrebbe scontare in carcere una pena di 2 anni e 5 mesi. Ma la sentenza non è definitiva quindi, per ora, lui resta libero: quando le sue vittime lo avevano denunciato, era finito in manette e il giudice per le indagini preliminari aveva ritenuto che non ci fossero le esigenze cautelari. Quindi il presunto maniaco ha passato solo poche ore dietro le sbarre nonostante i racconti shock delle ragazze che se lo sono trovate accanto sull’autobus, sempre con il pene in erezione. «Molestie? E’ impossibile, io sono gay», si era difeso in aula l’imputato, che si è sempre dichiarato estraneo ai fatti. E al momento se l’è cavata con il divieto di avvicinamento a scuole e luoghi frequentati da minori per un anno.
«Ero terrorizzata»
Adesso Valentina (il nome è di fantasia) si è rivolta a un Centro Antiviolenza e verrà assistita da un avvocato. Intanto ha voluto condividere quello che ha vissuto tra le 21.30 e le 21.40: «Il bus arrivava da Porta Nuova e sia io che il maniaco siamo saliti tra corso Vittorio Emanuele e via Accademia Albertina - ricorda la ragazza, ancora scossa - Mi sono accorta di quello che stavo facendo: speravo che fosse una bottiglia o qualcos’altro. Invece gli ho visto il pene e sono rimasta impietrita, terrorizzata. Ho avuto solo la lucidità di avvisare le ragazze vicine, che si sono allontanate». Non gli ha detto niente? «Ero nel panico, non sono riuscita a dire nulla. Mi sono spostata, l’ho guardato e ho visto che si stava coprendo il membro con una sciarpa. D’istinto ho preso il telefono e gli ho scattato una foto dritta in faccia: pensavo che lui reagisse e intervenisse qualcuno, invece è sceso alla fermata successiva».
Valentina ha poi chiamato il 112, si è segnata il numero di vettura e fermata e in cui è scesa, poi è andata a sporgere denuncia in via Giulia di Barolo: «Dovevo fare qualcosa. Adesso mi auguro che i carabinieri rintraccino quell’uomo, io sono pronta a fare il riconoscimento. Ieri mi hanno chiamata per chiedermi come fossi vestita: stavano visionando le telecamere a bordo del bus nell’orario preciso in cui ho chiamato. Spero che abbiano ripreso qualcosa».
La 25enne vorrebbe reagire: «Mi piacerebbe appendere la sua foto in giro per Torino, scrivendo che è un maniaco. Eviterò ma intanto chiedo alle ragazze di fare attenzione e a Gtt di tutelarci di più».
L’appello a Gtt
Sul tema Gtt, che gestisce i mezzi pubblici a Torino e provincia, si dice umanamente vicina alla ragazza e vorrebbe incontrarla. Intanto rivendica: «I nostri mezzi sono videosorvegliati e collaboriamo con le forze dell’ordine. In questi casi consigliamo di chiedere aiuto agli autisti: sono formati a tutelare la sicurezza degli utenti, intervenendo direttamente o chiamando la centrale operativa. Poi facciamo controlli preventivi e lavoriamo con Comune e associazioni che si dedicano alla violenza di genere: c’è una grande attenzione al tema perché ci sentiamo “responsabili”. Ma non possiamo essere ovunque, avevamo lanciato lo slogan “autista bene primario” proprio per questo: dev’essere un riferimento anche per situazioni complesse come quella vissuta da Valentina».
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