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SANITà & INNOVAZIONE

Torino, primo autotrapianto di rene in Italia con il Dottor Robot

Alle Molinette un intervento da "guinnes" su un paziente di 56 anni affetto da una rara patologia nefrologica

Torino, primo autotrapianto di rene in Italia con il Dottor Robot

Quella di Roberto è una storia di rinascita. «Una storia straordinaria» dice lui stesso, ancora emozionato a pensare, però, che «tanto la professionalità, l’empatia e l’umanità» dei chirurghi a cui si è affidato, quanto la tecnologia di ultima generazione, gli abbiano salvato la vita. Perché la storia di Roberto è anche una storia da scuola di medicina, quasi da fantascienza. Per la prima volta in Italia è stato effettuato alle Molinette, infatti, un autotrapianto di rene utilizzando il sistema robotico Da Vinci Single Port “ad unico accesso” per il prelievo dell’organo.

Il paziente, 56 anni, aveva da poco scoperto di essere portatore di una rara patologia tanto silente quanto pericolosa: un aneurisma di due centimetri a carico dei rami dell’arteria renale. Per cui non c’erano altre soluzioni se non la sala operatoria, per due ragioni: intervenire per prevenire l’elevato rischio di rottura spontanea dell’arteria, considerando che la complessa posizione dell’aneurisma non rendeva possibile un intervento tradizionale. Il rene nella sua posizione naturale non permetteva altro che un vero e proprio “salto nel buio”. Per tutti, medici e paziente. «Quando ho saputo che avrebbero utilizzato una tecnologia di ultima generazione per la prima volta – racconta lui stesso – ho preso una decisione che, fino ad allora non sarebbe stata da me, ho scelto di fidarmi delle persone che avevo attorno e che, dall’inizio dell’anno, non hanno smesso mai di seguirmi un solo giorno».


E, dunque, se le speranze di salvare il rene erano affidate alla possibilità di poter effettuare un delicato intervento di prelievo del rene per ripararlo al di fuori del campo operatorio e poi effettuare un autotrapianto, quelle di Roberto si affidavano al “team multidisciplinare” messo insieme alla Città della Salute di Torino. A partire dalla Urologia diretta dal professor Paolo Gontero. Il nuovo approccio chirurgico attraverso un’unica piccola incisione di 2,5 centimetri ha permesso di effettuare il prelievo del rene sinistro da riparare: «L’estrema raffinatezza di questa importante evoluzione della tecnologia operatoria robotica unitamente alla capacità di lavorare in uno spazio relativamente ristretto, tanto quanto una pallina da tennis, ha permesso di effettuare il prelievo di rene passando al di fuori dell’addome, utilizzando quindi una via extraperitoneale» spiega il professor Paolo Gontero, che ha eseguito la parte robotica dell’intervento. «Una via di accesso che consente una ulteriore riduzione del trauma chirurgico rendendo possibile una più rapida ripresa postoperatoria, caratteristica che contraddistingue e spiega la recente diffusione di questa nuova tecnologia negli Usa».


Il rene è stato quindi estratto mantenendo sempre una via di accesso al di fuori del peritoneo e posizionato in un campo operatorio apposito dove è stato raffreddato e mantenuto in vita con liquidi speciali per prevenire i danni da ischemia. E, quindi, sottoposto ad una delicata riparazione della malformazione di cui era affetto dal direttore della Chirurgia Vascolare Ospedaliera, professor Aldo Verri. «Che non so davvero come ringraziare per l’attenzione che ha messo anche nell’accompagnare la mia decisione di sottopormi all’intervento che mi ha salvato la vita» aggiunge Roberto. Sempre utilizzando la stessa incisione è stato quindi effettuato l’autotrapianto. La parte anestesiologica è stata seguita dall’équipe del dottor Roberto Balagna. L’intervento durato sette ore è stato coronato da successo comportando una pronta ripresa della funzione dell’organo ed una dimissione del paziente in buone condizioni.

Ma è la prevenzione ad aver giocato metà della partita. Già, perché se il paziente – con pregresse esperienze familiari di malattie oncologiche, in particolare, al fegato – non si fosse sottoposto ad ulteriori accertamenti dopo aver fatto le analisi del sangue che esegue ogni anno, non avrebbe scoperto la patologia che avrebbe potuto essergli fatale. Il resto, però, resta da annali della medicina.


«È doveroso ricordare come tutto ciò sia stato reso possibile in primis grazie alla sensibilità della Fondazione Crt, che mesi fa ha creduto in un progetto di ricerca finalizzato all’utilizzo di questa tecnologia in ambiti chirurgici urologici selezionati, quali il trapianto di rene, le disfunzioni dell’apparato urinario del mieloleso, ma anche il tumore di vescica e della prostata - continua il professor Gontero -. Grazie alla generosa donazione della Fondazione Crt sarà possibile disporre per un anno di questa tecnologia per effettuare una cinquantina di interventi urologici». Un progetto di ricerca che vede anche la partecipazione direttore della Clinica Chirurgica Universitaria, professor Mario Morino per un utilizzo multidisciplinare in chirurgia oncologica. «Una nuova frontiera della chirurgia che concilia l’aspetto tecnologico e le professionalità mediche per un nuovo traguardo raggiunto – commenta il direttore generale della Città della Salute di Torino, Giovanni La Valle - che conferma per l’ennesima volta le nostre eccellenze».

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