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IL FATTO
24 Settembre 2024 - 14:30
Francesco D’Onofrio
All'alba è scattato il blitz della guardia di finanza di Torino, con le pattuglie che si sono dirette verso Moncalieri, città dove risiede Francesco D'Onofrio, poco più che sessantenne, originario di Mileto (Vibo Valentia). Ritenuto dagli inquirenti e dalla Direzione Distrettuale Antimafia uno dei principali dirigenti e organizzatori della 'ndrangheta in Piemonte, D'Onofrio è finito in manette stamattina, 24 settembre. Nella sua abitazione di via Bellini, gli agenti del Gico stanno ancora eseguendo una perquisizione approfondita.
Un duro colpo al crimine organizzato: il capo della rete calabrese è stato arrestato insieme ad altre cinque persone. Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione aggravata dal metodo mafioso e traffico di armi. Gli investigatori del comando provinciale della guardia di finanza, guidati dal generale Carmine Virno, ritengono di aver smantellato un sodalizio criminale radicato nel Torinese, con particolare influenza nella zona di Carmagnola.
Questo gruppo mafioso era riuscito a infiltrarsi in diversi settori economici, come l'edilizia, il mercato immobiliare, i trasporti e la ristorazione, utilizzando prestanome per intestare società e imprese artigianali. Oltre a ciò, il clan offriva "servizi" di protezione e recupero crediti, inserendosi nei rapporti tra dipendenti e datori di lavoro, e interferendo nelle relazioni tra imprese edili, operai, sindacati e casse edili.
Secondo gli investigatori, D'Onofrio svolgeva un ruolo chiave all'interno del sodalizio criminale, organizzando e partecipando ad incontri tra esponenti calabresi e piemontesi. Questi incontri erano finalizzati a stringere alleanze, spartire il controllo del territorio, negoziare mediazioni e recupero crediti, e ottenere autorizzazioni per compiere reati.
Ma non si limitava a questo. D'Onofrio sarebbe stato anche colui che, a nome della cosca, concedeva il permesso alla criminalità comune di operare nel suo territorio.
Supervisionava le attività della cosca nel settore dell'edilizia e si occupava delle spese legali dei membri del clan e delle loro famiglie. Le indagini hanno inoltre rivelato che, con la collaborazione di altri due arrestati, la 'ndrangheta offriva protezione a imprenditori nella zona di Carmagnola, intervenendo nei conflitti con i rivali.
Questo "servizio di protezione" veniva retribuito con somme di denaro, successivamente distribuito tra gli affiliati. Uno degli arrestati è anche accusato di aver fornito supporto finanziario e logistico a Pasquale Bonavota, un latitante di spicco della cosca Bonavota, arrestato a Genova più di un anno fa dopo una lunga fuga.
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