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Il cold case più famoro d'Italia
20 Ottobre 2024 - 08:00
Carlo Campagna, Charlie Champagne
È passato più di mezzo secolo dal 18 giugno 1969 quando Martine Beauregard, 25 anni, escort di professione, venne trovata cadavere in un fosso di periferia. Che non fosse morta lì, vicino all’ippodromo di Vinovo, fu chiaro fin da subito. Nessun indumento, completamente nuda: solo un vistoso anello al dito. Al tempo, ad autoaccusarsi del delitto, fu Carlo Campagna, conosciuto nella “Torino bene” come Charlie Champagne. Allora aveva 27 anni. Benestante, figlio di industriali: a Torino lo conoscevano tutti, soprattutto la cerchia che conta. Restò in carcere sette mesi, ma sin da subito fu evidente che la sua storia contrastava con quanto accaduto davvero a quella ragazza. Oggi Carlo Campagna ha 82 anni, ha un’agenzia che porta il suo nome, organizza eventi e feste in tutta Italia: party da cento o duecento persone in location elitarie. Anche la sera in cui morì Martine c’era una festa. Ma di altro genere. Quel genere di appuntamenti che permette ai ricchi di socializzare. Tutti uomini, non più di una decina di invitati. Alcuni sono ancora vivi, altri non più.
Martine Beauregard, aveva 25 anni
Sullo sfondo una villa esclusiva. Non nel Pinerolese come scritto da tanti. Una dimora lussuosa che non dista più di una ventina di minuti da Torino, tra Canavese e Calli di Lanzo. È qui che quella sera viene portata Martina. Sentito a più riprese dai magistrati, ora Champagne sembra deciso a vuotare il sacco, a dire la verità, come ha confidato ad una giornalista del settimanale “Giallo” «Ce la accompagnai io Martine. Ma quando è morta, sia chiaro, non c’ero. Com’era lei? Bellissima. Ma non abbiamo mai avuto una storia. Non c’è mai stato niente». nel 1969 Martine aveva 25 anni. Beauregard era il cognome: origini francesi e borghesia torinese, sogni di una ragazza che voleva mettere su famiglia: «Farò l’ostetrica», diceva. Ma la vita le avrebbe riservato altro: «I soldi, un amore sbagliato e forse un carattere ribelle la spinsero verso quel mondo che con pudore chiamavano “delle belle di notte”. diventò una prostituta. La più bella, la più ambita e la più pagata della Torino by night», confida Champagne. E tutti la volevano. Il rapporto del medico legale parlò di strangolamento, di segni importanti di sevizie. «Nessuno l’ha torturata o strozzata - aggiunge Charlie - . Quando è morta erano tutti attorno a lei. Ma nessuno voleva farle del male».
L’ombra di un gioco erotico finito male resta, anche per i segni di bruciature e lividi riscontrati al tempo dall’autopsia, ma oggi Charlie Champagne racconta un’altra storia, l’ennesima: «Aveva bevuto molto e assunto della droga. Ma era comunque giovane: nessuno si aspettava che morisse, non così. Si è saputo dopo che aveva un problema al cuore. È stato quello a esserle stato fatale». Quando il suo cuore ha cessato di battere si è scatenato il panico fra i presenti. C’erano troppi nomi noti, gente importante, persone che non si potevano permettere un simile scandalo. «A essere particolarmente preoccupato - sottolinea Campagna - è stato in un magistrato, che ha subito iniziato a fare telefonate per risolvere la cosa». Lui non poteva trovarsi lì. E la ragazza non doveva essere morta in quella casa. I nomi dei presenti erano troppo in vista a Torino. «È stata portata via e lasciata In quel fosso dove poi è stata ritrovata». Dopo il suo arresto Campagna trascorse sette mesi in carcere. Quando uscì le sue società finanziarie, prima sull’orlo della bancarotta, erano state risanate. C’è chi ha scritto che qualcuno lo avesse pagato per autoaccusarsi del delitto. Martine la sera in cui morì era per strada con un’amica. Carla Sabbani fu l’ultima a vederla quella notte. Ai tempi fornì una descrizione dettagliata dell’uomo che la caricò in auto.
Carlo Campagna detto Charlie Champagne
Proprio quando gli inquirenti decisero di organizzare un confronto tra lei e Carlo Campagna, per vedere se lo riconosceva, quest’ultimo ritrattò la sua confessione. Il riconoscimento si fece comunque. «È lui, è lui», gridò Carla Sabbani prima di svenire. Al processo la sua testimonianza fu però invalidata per vizi formali. Senza questo elemento, per Carlo Campagna caddero tutte le accuse. Nella sua prima versione raccontò di averla caricata in macchina, portata a casa, ed essersi sbarazzato del corpo dopo che la giovane aveva avuto un malore. In quella nuova raccontò di essere stato tutta la sera in un locale, il Whisky notte. La verità arriva dopo mezzo secolo. Effettivamente lui quella sera accompagnò Martine Beauregard a una festa, come forse aveva fatto altre volte su richiesta di uomini potenti e conosciuti tanto da non poter certo farsi vedere in strada a caricare una prostituta.
Il luogo del ritrovamento del cadavere
I nomi di quella sera sono veramente importanti, «uno sopra tutti», ha confidato Champagne a “Giallo”. Resta difficile che Martine abbia avuto un semplice malore perché l’autopsia parla proprio di omicidio dovuto a uno strangolamento. Sul corpo la giovane aveva segni di bruciature di sigaretta e dei tagli probabilmente inferti con una lametta sulle braccia e sulla schiena. Qualcuno l’ha legata. L’hanno picchiata. Le hanno tenuto ferme le gambe causandole i lividi sulle ginocchia. L’autopsia eseguita dal professore Aldo De Bernardi ha provato a ricostruire gli ultimi istanti di vita di Martine. Al tempo aveva escluso che i lividi sul corpo fossero dovuti al trasporto post mortem. Nel 2017 il caso era stato riaperto dal pm Andrea Padalino. Una donna si era fatta avanti dicendo di sapere chi era l’assassino. A lei lo aveva raccontato il marito poco prima di morire: «È stato mio zio a ucciderla. Tu lo conosci». C’era stato unnuovo indagato. Ma alla fine, senza prove, l’inchiesta è stata nuovamente chiusa. Solo adesso sembra riaprirsi uno spiraglio di verità.
Gli investigatori all'opera a Vinovo (Torino)
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