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La denuncia

Ladri di progetti per la Formula Uno: «Sono ex dipendenti della Sparco»

L’azienda di Volpiano denuncia le visite degli “spioni”: «Non è un problema solo nostro»

Ladri di progetti per la Formula 1: «Sono ex dipendenti della Sparco»

Ex dipendenti che violano i segreti aziendali, rubano le conoscenze industriali e le forniscono alla concorrenza: lo denuncia la Sparco, storica azienda fondata nel 1977 a Torino che ora ha sede a Volpiano. «Ma non succede solo a noi» sottolinea Niccolò Bellazzini, brand manager e componente del consiglio d’amministrazione della Sparco.

È stato proprio lui a raccontare (all'agenzia Ansa) quello che ha subito l’azienda torinese famosa in tutto il mondo. D’altronde produce scarpe e abbigliamento ignifugo per i piloti di Formula 1, oltre a equipaggiamento di vetture da competizione (fornisce, tra gli altri, la tuta del campione del mondo Max Verstappen). Così dà lavoro a 800 persone in Italia, di cui 60 nel settore ricerca e sviluppo.

«La sottrazione dei dati è una tendenza molto preoccupante che non riguarda solo la nostra azienda - fa notare il dirigente - A noi hanno sottratto dati relativi a ricerca e sviluppo, disegni tecnici, playbook. E, in alcuni casi, li hanno usati per agevolare nostri concorrenti. Già da un paio di anni facciamo denunce e ci sono procedimenti giudiziari, alcuni ancora in corso. Ma la tendenza degli inquirenti è derubricare queste vicende perché prive di pregiudizi per le aziende. Invece bisognerebbe procedere con urgenza».

Il problema è particolarmente sentito in un periodo in cui al centro delle cronache c’è la maxi inchiesta sull’attività di dossieraggio e spionaggio industriale, portata avanti dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano e “sbarcata” a Torino per diramazioni e collegamenti con la precedenti inchiesta che ha coinvolto Riccardo Ravera, carabiniere in pensione noto come Arciere (faceva parte della squadra del capitano Ultimo, quella che ha arrestato Totò Riina).

«Servirebbero strumenti di tutela delle aziende più efficaci rispetto alla mera querela per accesso abusivo al sistema informatico - insiste Bellazzini -. Noi abbiamo inviato delle circolari interne in cui facciamo presente ai dipendenti che è illegale sottrarre dati aziendali: spesso i giovani non si rendono conto che appartengono alla società e non all’autore o al team che ha lavorato a quel progetto. Dietro ci sono investimenti rilevanti dell’azienda, compresi quelli per gli stipendi. Eppure le condotte illecite sono frequenti, anche perché nel settore ricerca e sviluppo c’è un turn over molto alto di under 40 che prendiamo dall’università e formiamo direttamente».

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