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La storia
17 Novembre 2024 - 12:20
In carcere 4 mesi per una rapina mai commessa
Quattro mesi di ingiusta detenzione e la beffa del mancato risarcimento. Luciano Di Marco, 42 anni, operatore del soccorso stradale, e sua moglie Anna Bonanno, madre di quattro figli, sono stati arrestati nel giugno 2019 con l’accusa di essere complici di una rapina avvenuta in una gioielleria di corso Aldo Moro, a Cerignola, l’8 marzo dello stesso anno. Nonostante la loro estraneità ai fatti sia stata successivamente provata, la Corte d’Appello di Bari ha rigettato la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione.
Secondo i giudici, i coniugi avrebbero «colpevolmente omesso di rappresentare elementi a sostegno della loro innocenza», una motivazione che la difesa considera «illogica e infondata».
La storia
Centoventuno giorni in carcere per Luciano, un altro mese ai domiciliari nella sua casa a Falchera per la moglie Anna. «E tutto per un maledetto scambio di persona». Luciano ha passato quattro anni e mezzo della sua vita a spiegare che non è un delinquente. Incubo iniziato nel luglio del 2019, quando gli agenti della mobile si sono presentati a casa della coppia per eseguire un’ordinanza del tribunale di Foggia. Accusati di un colpo commesso l’8 marzo del 2019 alla gioielleria Sciscio di via Aldo Moro a Cerignola, rapina in realtà mai compiuta perché lui lì non ci ha mai messo piede in vita sua. Dalle telecamere di videosorveglianza si vede entrare una coppia, poi un terzo individuo. «C’è una somiglianza ma null’altro» attacca Luciano.
Bonnie e Clyde
A scagionarlo è stata una perizia dei tratti somatici e antropometrici. «Ma prima di arrivare a questo verdetto - rivela -, io e mia moglie ne abbiamo viste di cotte e di crude. Sono stato buttato in cella con un individuo a cui è stato dato l’ergastolo, ho fatto nove giorni di sciopero della fame. Sono stato lontano dai miei affetti, dai miei bimbi». Il suo caso è stato archiviato il 28 ottobre, a seguito di una scoperta fondamentale. Per la rapina del valore di 72mila euro a Cerignola, infatti, è stata fermata una coppia di Giugliano (Napoli). I due, soprannominati Bonnie e Clyde, sarebbero arrivati davanti alla gioielleria a bordo di una Fiat 500 di colore rosso.
La svolta
Nonostante il Tribunale della Libertà avesse riconosciuto l’alibi di Anna e la perizia antropometrica computerizzata avesse escluso Luciano come sospetto, l’uomo fu liberato solo il 23 settembre, dopo ben 120 giorni di detenzione. La perizia, firmata dal professor Vincenzo Mastronardi del Politecnico di Bari, dimostrò una differenza di altezza di 10-15 centimetri rispetto al presunto basista della rapina.
Il procedimento fu archiviato nel 2021, ma la richiesta di riparazione del danno avanzata dai legali Giacomo Lattanzio e Domenico Peila è stata respinta. Ora, il caso approderà in Cassazione per un nuovo tentativo di far valere i diritti dei coniugi. «Nessuno ha ascoltato davvero la voce di queste persone, che hanno vissuto una tragedia infinita», ha commentato l’avvocato Lattanzio.
I veri colpevoli della rapina sono stati sì identificati e condannati ma per i Di Marco resta il senso di ingiustizia, tra l’umiliazione dell’arresto e il rifiuto del risarcimento per un errore che ha segnato profondamente le loro vite.
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