l'editoriale
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Il colloquio
13 Gennaio 2025 - 16:24
«Io chiedo scusa ma non ho mai toccato quella bici. Non è una pena equa».
A parlare è Sara Cherici, la ragazza che giovedì è stata condannata a 16 anni di carcere per il lancio di una bici elettrica dalla balaustra dei Murazzi. Ieri sera ha raccontato la sua verità al programma televisivo "Le Iene", tre giorni dopo che i giudici l'hanno ritenuta colpevole di concorso morale in tentato omicidio. Una sentenza che ha fatto scalpore perché la ventenne torinese ha ricevuto la pena più alta fra i cinque ragazzi coinvolti, nonostante non abbia partecipato concretamente al lancio. Ma quel 21 gennaio 2023 era presente e non ha denunciato quello che ha visto, cioè che il suo fidanzato dell'epoca e due amici hanno buttato la bicicletta: così hanno colpito Mauro Glorioso, studente di Medicina 25enne che da allora è costretto su una sedia a rotelle.
Sono passati quasi due anni da quel gesto che ha stravolto la vita di Glorioso e portato in carcere i cinque protagonisti. I tre minorenni sono stati condannati in via definitiva e sono trovano in altrettanti carceri sparsi per l’Italia (hanno pene per 9 anni e 6 mesi, 9 anni e 4 mesi, 6 anni e 8 mesi). Anche il ragazzo maggiorenne, Victor Ulinici, è in carcere: è già stato condannato in primo grado a 10 anni e 8 mesi (con rito abbreviato) ma la Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza, facendo riferimento «alle attenuanti generiche». Quindi rischia una condanna più pesante nell'appello bis che comincerà il 31 gennaio.
Sara Cherici è ai domiciliari con il braccialetto elettronico e a Le Iene ha ricostruito cos'è successo quella sera di quasi due anni fa ma anche le testimonianze al processo. Per la prima volta la ventenne ha anche raccontato cos'è successo subito dopo il lancio, in alcuni casi facendo dichiarazioni diverse rispetto agli interrogatori e alle testimonianze in tribunale dei protagonisti, dei loro familiari e di chi ha assistito alla scena: «Non ho dato peso a quello che stavano facendo, ho alzato lo sguardo e ho visto la bici cadere giù - racconta Cherici a Le Iene - Io sono di Torino, lo sapevo che lì sotto c'era gente. E lo sapevano anche gli altri. Ricordo che l'altra ragazza si è affacciata e ha urlato "scappate". E io sono scappata con loro, ero l'ultima del gruppo e da dietro li insultavo». La ragazza racconta di aver chiesto più volte ai tre ragazzi perché lo hanno fatto: «Loro sviavano, dicevano "basta, che domanda è?". Erano ubriachi». E nei giorni successivi? «Io non ho praticamente dormito e al mattino ho scritto su Google "bici Murazzi": ho visto i primi articoli e mi è crollato il mondo addosso. Poi ho girato tutto al mio ragazzo e alla mia amica». E nei giorni successivi il gruppo ne avrebbe parlato sulle scale del palazzo popolare dove vivono alcuni di loro, tra cui la stessa Cherici: «Io e l'altra ragazza dicevamo ai tre maschi di andare a costituirsi, loro continuavano a dire di no. Si sono pure incazzati: "Voi non avete fatto niente e ci fate venire le paranoie. Uno ha detto "Tanto non ci prenderanno"». In famiglia la ventenne ha sempre negato, fino a quando è crollata: «L'ho detto a mia sorella e mia mamma, che mi hanno detto di denunciare. Io le ho pregate, non ho avuto il coraggio di fare la cosa giusta. Provavo dei sentimenti per il mio ragazzo». Non è stato l'unico motivo: «Avevo paura che, se avessi denunciato, tutti mi avrebbero definito una infame. Già ora, nel quartiere popolare dove abito, me lo urlano perché sono ai domiciliari invece che in carcere». Eppure ora si è ritrovata con la pena più alta di tutti: «Non me l'aspettavo, sono svenuta quando ho sentito la sentenza. Per me questa non è giustizia, non è una pena equa: come fai a non distinguere fra chi ha lanciato la bici e chi no? Lo so che è stato un gesto inspiegabile e io chiedo scusa, anche se non ho mai toccato quella bici.È inaccettabile che un ragazzo non possa più prendere in mano la sua vita».
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