Cerca

L'accusa

Auto mai consegnate o bloccate in garage: ecco la beffa di Car Free

Inchiesta di TorinoCronaca sul caso della società che ha accumulato decine di milioni di debiti e lasciato a piedi centinaia di clienti

Auto mai consegnate o bloccate in garage: ecco la beffa di Car Free

Sognavano di rivoluzionare il mercato dell’auto, facendo passare migliaia di persone dall’auto di proprietà all’auto a noleggio.
Invece Car Free Italia è finita in liquidazione giudiziale, lasciandosi alle spalle milioni di debiti e decine di denunce per truffa aggravata e appropriazione indebita. Perché centinaia di clienti hanno speso fra i 30mila e i 60mila euro ma non hanno ricevuto l’auto che hanno ordinato. Oppure sono costretti a tenerla in un garage perché sono scadute le assicurazioni: «C’è chi ha perso tutti i suoi risparmi e pensa al suicidio - si sfogano ora i clienti di Car Free che hanno contattato TorinoCronaca - Noi non ci arrendiamo, vogliamo giustizia per quello che abbiamo subito».

Saranno la procedura di liquidazione giudiziale e l’inchiesta penale a chiarire come si sia arrivati a questo punto. Di certo c’è la base di partenza: Car Free Italia è una società nata nel 2017 e decollata nel 2019, con sede torinese in via Reiss Romoli e centinaia di clienti convinti in tutta Italia.

Merito di campagne pubblicitarie fin sulle reti Mediaset e di un’offerta allettante, per cui i clienti pagavano in anticipo il noleggio per 7 anni ma intanto ricevevano un rimborso mensile attraverso il cosiddetto meccanismo del “cash back”. Poi sono iniziate le sorprese: «Io ho pagato 28.500 euro facendo un finanziamento ma non ho mai ricevuto la Peugeot 208 che avevo ordinato - racconta Alberta Bottini, cliente torinese che ha contattato TorinoCronaca per condividere la sua rabbia - A me ha salvato andare in terapia ma conosco tanta altra gente disperata». Le fa eco Federica Amorotti: «A marzo 2022 ho ordinato una Toyota Yaris Hybrid che ho pagato totalmente con la formula dei 7 anni di noleggio e 150 euro di cashback restituiti di mese in mese. All’inizio erano solerti e puntuali, sembravano estremamente professionali e organizzati. Poi sono spariti tutti e, solo tramite un avvocato, sono riuscita a rescindere il contratto. Ma ci ho perso 21mila euro».
Come le due torinesi, sono centinaia i clienti che si sono ritrovati in questa situazione (o peggio). Qualcuno lo ha anche raccontato lo scorso maggio al programma televisivo “Le Iene”, moltissimi altri si sfogano quotidianamente sulla pagina Facebook creata appositamente.

Ma cos’è successo? Fenu, come si legge nell’articolo qui sopra, sostiene di essere stato truffato da un suo ex collaboratore. Per i clienti, il truffatore è lui: per questo sono partite raffiche di denunce penali, finite sul tavolo del pubblico ministero Paolo Del Grosso. Ne risultano almeno una 50ina, come riferito dall’avvocato Antonio Genovese, che assiste Fenu e Car Free (una 15ina, comprese quelle di Bottini e Amorotti, sono firmate da Manuel Peretti, legale del foro di Ivrea). L’accusa è che Fenu e i suoi soci abbiano messo in piedi uno “schema Ponzi”, che promette forti vantaggi ai primi clienti ma poi beffa quelli che arrivano dopo.

L'ex collaboratore Car Free: «Io non c’entro. Anzi, avevo avvertito Fenu»

Viene tirato in ballo spesso, sia negli atti sia nei dibattiti fra i protagonisti del crollo di Car Free. Perché c’è chi lo ritiene coinvolto. Ma Ottavio Alvarez si chiama fuori: «I clienti non mi contestano nulla e neanche gli investigatori della Guardia di finanza, che mi hanno sentito come persona informata dei fatti. D’altronde io facevo solo formazione ai venditori, ero un consulente esterno ed ero socio al 2,5% di tre società collegate a Car Free. Mi sembrava un progetto solido e stabile con capitale sociale di 10 milioni di euro e tante garanzie: sembrava tutto tranne quello che è venuto fuori dopo». Eppure viene chiamato in causa: «Io non c’entro con i 13 milioni di debiti e le centinaia di persone appiedate per colpa di Car Free. Avevo consigliato a Claudio Fenu di ridurre le spese, non mi ha ascoltato e la società è collassata». Alvarez spiega di aver lasciato ogni incarico nell’azienda torinese a maggio 2023: «Abbiamo trovato un accordo legale con “nulla a pretendere” da entrambe le parti: io mi sono intestato le due auto Car Free che avevo a noleggio e ho rinunciato a quote societarie e fatture non pagate. Non ho proprio idea del perché mi tirino in ballo». Forse perché è molto attivo con i clienti arrabbiati: «Lo faccio solo per condividere informazioni e supportare i clienti beffati».

Di certo ci sono i debiti milionari, anche con il fisco: per questo è partito il tentativo di composizione negoziata della crisi, un percorso stragiudiziale per risollevare la società. Che è finito (male) con l’avvio della liquidazione giudiziale deciso l’8 gennaio dal Tribunale di Torino. D’altronde il parere dell’esperto incaricato di analizzare la situazione di Car Free, il commercialista Filippo Canale, lasciava poche speranze.

Nelle sue 30 pagine di relazione parla di «impianto contabile di fatto inattendibile e situazione di insolvenza irreversibile». Giudica «senza garanzie» il piano di rilancio presentato da Fenu per evitare la liquidazione: «Si fonda sulla prosecuzione della medesima attività aziendale che dal 2019 ha generato perdite per oltre 13 milioni di euro: senza alcuna discontinuità di business, è verosimile (se non decisamente probabile) che possa generare ulteriori perdite». Anche i debiti con l’erario, per 3,5 milioni, risalgono al ‘19: «Comprova il fatto che la Car Free Italia si sia fin dall’origine finanziata non versando le imposte, in particolare l’Iva. Però, da oltre due anni, ha continuato ad incassare anticipatamente l’intero corrispettivo per oltre 300 contratti di noleggio e non è stata in grado di consegnare alcuna vettura ai clienti per un ammontare stimato sui 7,8 milioni di euro. Sono inoltre emersi numerosi e sistematici elementi che si possono configurare come atti distrattivi in frode ai creditori, anche di rilevanza penale». Risultato, inchiesta in Procura e società in liquidazione e affidata al curatore Fabrizio Torchio. Con i clienti beffati due volte, visto che ora le assicurazioni non sono state rinnovate. Quindi, chi ha ricevuto l’auto, non può più usarla.

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Logo Federazione Italiana Liberi Editori L'associazione aderisce all'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria - IAP vincolando tutti i suoi Associati al rispetto del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale e delle decisioni del Giurì e de Comitato di Controllo.