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Il personaggio
03 Febbraio 2025 - 08:13
«Quelli del campo». Saverio e Rocco Dominello, padre e figlio, erano chiamati così dai boss della ‘ndrangheta. È quanto emerge dagli atti del processo Alto Piemonte, quello che ha portato alla condanna definitiva a 4 anni e 4 mesi per Rocco. Stando a quanto ricostruito, i due Dominello erano esponenti della cosca Pesce-Bellocco di Rosarno, in Calabria. E Rocco comandava la curva bianconera.
Gli atti del processo ripercorrono la storia dei rapporti tra boss, tifoseria organizzata e gli intimiditi dirigenti juventini. Compreso il passaggio in cui Dominello chiedeva a Beppe Marotta di organizzare un provino per il figlio del boss Umberto Bellocco (l’allora direttore generale, oggi presidente dell’Inter, non è mai stato indagato). Era da «almeno 10 anni», secondo la procura, che la ’ndrangheta aveva messo le mani sul bagarinaggio. Ma, a vincere la partita, fu Rocco Dominello, che approfittò di un “vuoto di potere” provocato da un’ondata di arresti. E sfruttò l’amicizia con un capo ultras, Fabio Germani, per imporsi sui gruppi organizzati e prendere il controllo di tutto (lo stesso Germani che ora “rispolvera” i rapporti fra Agnelli e Dominello nell’intervista a Report).
Nel 2014 l’allora capo della biglietteria, Stefano Merulla, si sfogava con Germani: «(Dominello) l’hai portato tu, non io. Io non so che mestiere faccia, ma ho la percezione che abbia una influenza abbastanza forte all’interno della curva». Merito del “metodo mafioso”: “La società - si legge negli atti - era ben disposta a fornire ai gruppi ultras cospicue quote di biglietti e abbonamenti perché li rivendessero, ottenendo in contropartita l’impegno a non porre in essere azioni violente per spartirsi l’affare. Dominello garantiva l’equilibrio grazie alla sua “influenza”. La forza di intimidazione del sodalizio, tangibile per i dirigenti della Juventus, era spesa, silenziosamente, ma con indubbia capacità persuasiva, verso le migliaia di facinorosi dello stadio”.
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