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La denuncia
17 Febbraio 2025 - 08:00
«In Iran non ci sono diritti per le donne. E i figli, se nati fuori dal matrimonio, vengono tolti alla madre: il mio ex diceva che anche in Italia funziona così». Per questo quella 43enne iraniana, laureata in Ingegneria nel suo Paese, ha aspettato tanto a denunciare i maltrattamenti e le violenze sessuali del compagno. Poi, quando l’ha fatto, è stata accolta in un rifugio e il Tribunale dei minori le ha affidato in via esclusiva la figlia, che oggi ha 4 anni. Eppure le sue denunce sono state archiviate perché «non vi era una situazione di inferiorità e sudditanza ma una sostanziale differenza di vedute ed inconciliabilità caratteriale emersa nel corso degli anni», come scrive la Procura di Torino nella sua richiesta di archiviazione. Frasi che hanno fatto stringere i pugni alla protagonista della vicenda e alle assistenti sociali che l’hanno accompagnata nel suo percorso.
D’altronde, stando alla denuncia che ha presentato ai carabinieri, la 43enne ha subito rapporti sessuali per paura di ritorsioni e perché «nella nostra cultura, è normale che una donna assecondi le richiesta del compagno, sessuali e non». Ma in Italia non funziona così: «Lui conosceva la legge italiana meglio di me e mi minacciava di togliermi la bambina, visto che non eravamo sposati - continuava l’ingegnera nella sua denuncia - In Iran è previsto così e lui diceva che qui era lo stesso. Io gli chiedevo di sposarci e sistemare tutto ma lui rifiutava sempre». E intanto l’uomo, oggi 44enne, ha continuato ad abusare della compagna, insultandola e minacciandola in ogni modi: «Il mio compagno si ubriacava e io avevo paura che mi facesse seriamente male, visto che è più forte e più grosso di me».
Quando la donna ha trovato il coraggio di denunciare, è riuscita a ottenere l’affidamento esclusivo della sua bambina, che il padre può vedere solo una volta a settimana alla presenza di educatore. E lui deve fare controlli e terapie per tenere a bada l’abuso di alcolici. Eppure, per la Procura, non c’è reato. E la signora, oggi, ne prende atto quasi rassegnata: «Mi ha rubato la personalità e la fiducia in me stessa ma non avevo nulla di concreto per dimostrarlo: le violenze sono successe in casa e sul letto, come capita a tante persone, donne e uomini. Purtroppo la legge, in tutto il mondo, è diversa dall’umanità». Adesso come sta? «Ho trovato me stessa dopo essermene andata di casa ed essere andata nel rifugio. E sono contenta perché sono in Italia e non in Iran, là ho un’amica che non riesce neanche a vedere la sua bambina se il marito non vuole: lì i figli sono proprietà del papà e degli altri uomini della famiglia. Invece io, dopo anni di sofferenze, posso provare a cambiare la mia vita».
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