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La sentenza

«Il sindaco prendeva i figli a calci e schiaffi». Lui nega in lacrime e la giudice lo assolve

Andrea Tragaioli era accusato di maltrattamenti. La pm: «I Millennials sono più fragili»

municipio rivoli

Il municipio di Rivoli

Si è difeso in lacrime, ricordando il periodo difficile del Covid: «Era un momento durissimo per gli amministratori locali, sentivo i miei figli solo per telefono». Secondo l'accusa, l'allora sindaco di Rivoli insultava i suoi figli e li prendeva a calci e pugni, permettendo loro di imbracciare i suoi fucili. Per il collegio presieduto dalla giudice Elena Bompieri, invece, non ha commesso il fatto: il 47enne Andrea Tragaioli è stato assolto dai reati di maltrattamenti e omessa custodia di armi, che ora verranno dissequestrate e restituite.

L'ex primo cittadino, oggi consigliere di opposizione e consigliere in Città metropolitana, è finito a processo dopo la denuncia della madre dei suoi figli. Gli episodi contestati risalgono al periodo tra il 2020 e il 2022 ed è stato lo stesso Tragaioli a ricostruirli in aula: «Non ho mai preso a sberle o a calci mio figlio e mia figlia, né in privato né in pubblico - assicura l'ex sindaco di Rivoli e Rosta stamattina, quando ha ricordato anche i gravi problemi di salute resi pubblici durante l'ultima campagna elettorale - Al massimo li rimproveravo ad alta voce quando si comportavano in modo maleducato, usando il cellulare a tavola o sprecando il cibo. Al ragazzo posso aver dato un buffetto o avergli detto che era uno scemo, un asino o una capra se lo vedevo picchiare la sorella o se mi provocava venendomi a un centimetro della faccia».

Tragaioli, già processato e assolto per vicende legate alla sua carica, ha negato anche di aver lanciato al figlio un pezzo di legno con dentro un chiodo arrugginito e di avergli messo la testa sott'acqua, dicendo "ti affogo": «Non è mai successa una cosa del genere, sarebbe un fatto gravissimo». All'ex primo cittadino era contestata anche l'omessa custodia delle armi: «Escludo di aver fatto usare o maneggiare armi vere a mio figlio. Al massimo abbiamo sparato con un fucile ad aria compressa e gli ho fatto vedere i fucili di mio padre. Io ho il porto d'armi ma l'unica pistola entrata in casa mia era quella di mio papà, che era stato comandante dei vigili. Ma era in cassaforte e anche i fucili erano ben custoditi».

Le sue legali, Mariateresa e Cristina Pizzo, hanno ricondotto tutte queste accuse alla conflittualità fra Tragaioli e la sua ex moglie, da cui si è separato nel 2014: «Nel 2020 sono sparito dalla vita dei miei figli, com'è capitato a tutti gli amministratori locali - si commuove il consigliere comunale - Non è che non volessi vederli, anzi. Volevo tutelarli in un momento che io non augurerei neanche al peggior nemico: ho dato il massimo per i miei figli ma in quel periodo ho trascurato la famiglia per il bene pubblico. Riconosco quello, ma non ho fatto nient'altro».

Il pubblico ministero Monica Supertino ha replicato alle parole di Tragaioli ricordando che il figlio più grande, oggi 16enne, è stato sentito in incidente probatorio e ha confermato tutte le accuse contro di lui (con le armi avvolte in lenzuola e poste su ripiani, non custodite, o in un armadietto con le chiavi a portata del figlio): «L'imputato ha detto di aver cercato di trasmettere al proprio figlio ciò che a sua volta gli era stato trasmesso dal padre ma non tutti i ragazzi possono recepire la severità allo stesso modo. La generazione dei Millennials, poi, è diversa, dalle precedenti: forse è più sensibile, più fragile. Credo che la separazione fra i coniugi sia stata caratterizzata da una conflittualità sotterranea, strisciante, che ha logorato i bambini: avevano un genitore "permissivo" e un genitore "normativo"».

La pm aveva poi chiesto il minimo della pena o la riqualificazione dell'accusa di maltrattamenti in abuso dei mezzi di correzione mentre la parte civile, assistita dall'avvocato Mirella Miano, sperava in 20mila euro di risarcimento. Tutto cancellato dall'assoluzione.

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