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Il caso
20 Febbraio 2025 - 11:39
Prima accusato di molestie alle studentesse, poi sospeso dall'Università di Torino. Quindi riammesso e pronto a tornare in aula. Fino alla contestazione e alla sospensione della prima lezione, fissata per oggi, e dell'intero corso: ecco l'ultimo capitolo delle vicende del professor Federico Vercellone, docente di Estetica dell'immagine e dei media per UniTo.
Un anno fa il docente era stato accusato di molestie verbali e "sguardi lascivi" durante un esame. Per questo era stato sospeso per un mese senza stipendio a seguito di accuse di questi presunti comportamenti inappropriati. Lui ha sempre respinto le contestazioni, definendole una "caccia alle streghe" contro di lui. Poi, in assenza di un'indagine penale, è ritornato in cattedra: il suo ritorno in aula, previsto per il 13 febbraio per l'avvio dell'ultimo corso prima della pensione, è stato condizionato dalla presenza di un assistente per garantire un ambiente sicuro. E poi rimandato a oggi, fra le polemiche delle associazioni femministe: «La risposta di UniTo, con la sospensione formale di un mese, è insufficiente. Non tanto in termini temporali, ma culturali e sociali».
In queste ore è arrivata la sorpresa: il corso è stato rimandato e non sarà tenuto da Vercellone,come comunicato il dal direttore del Dipartimento di Studi Umanistici in una e-mail indirizzata ai 300 studenti iscritti al corso: «Per sopraggiunta indisponibilità del docente a tenere l’insegnamento, le lezioni di Estetica dell’immagine e dei media saranno riprogrammate a maggio-inizio giugno con altra/o docente da nominare. Data di inizio e orari saranno comunicati al più presto». Una "vittoria" per le associazioni femministe, che stamattina erano comunque presenti a Palazzo Nuovo con un presidio contro il docente sotto accusa. Anche perché, secondo gli attivisti, «il caso di Vercellone non è un episodio isolato». E aggiungono: «Potremmo chiamarla una vittoria e non fosse che questo risultato non rappresenta la soluzione alla violenza strutturale che viviamo quotidianamente in università. I recenti casi dei professori Vercellon e Di Vella sono infatti solo il sintomo di un problema cui è necessario rispondere con strumenti e pratiche trasformative. Chiediamo un modello di giustizia che vada oltre la mera punizione e sia volto allo smantellamento delle strutture patriarcali che si esprimono anche attraverso molestie e violenze».
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