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La decisione
03 Aprile 2025 - 08:37
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump (Fonte Instagram)
Nel Giardino delle Rose, tra bandiere sventolanti e slogan roboanti, si è consumato uno degli annunci più duri e divisivi della presidenza Trump. «È il giorno della liberazione in America. L’industria americana rinasce. Torneremo di nuovo a essere ricchi», proclama il presidente con enfasi, davanti a una platea di lavoratori dell’acciaio e dell’automotive.
Dopo settimane di minacce, il tycoon ha firmato l’ordine esecutivo che impone dazi al 25% sull’importazione di auto straniere. Ma non si è fermato qui. Il provvedimento estende i dazi a tutti i Paesi del mondo, con misure differenziate: il minimo sarà del 10% – come nel caso del Regno Unito e del Brasile – «ma per le nazioni più scorrette», come le definisce lui stesso, la stangata sarà durissima. Per l’Unione Europea si parla del 20%, per la Cina del 34%, che sommati ad altri balzelli porteranno l’impatto complessivo al 54%. Per la Cambogia si arriva al 49%. È la fine di un’epoca: dazi selettivi, mirati, spietati.
«Reciprocità significa che faremo agli altri quello che fanno a noi, è molto semplice», ha affermato Trump leggendo una tabella Paese per Paese. «L’Ue ci fa pagare il 39%, noi imporremo il 20%», spiega. Una logica a senso unico che, però, ammette eccezioni: «Li tasseremo la metà di quello che ci tassano», ha precisato, lasciando intendere che la vendetta commerciale sarà calcolata con cura.
A completare il quadro, l’annuncio di una doppia ondata di dazi in arrivo il 5 e il 9 aprile, «in risposta a eventuali ritorsioni», e l’invocazione della dichiarazione di emergenza nazionale nel commercio. Un’escalation che segna, di fatto, l’inizio di una nuova guerra commerciale. «Se volete dazi zero, venite e producete in America», ripete, rispolverando il mantra protezionista già usato a Davos.
Ma l’entusiasmo mostrato dalla Casa Bianca si scontra con la realtà dei mercati e con il malcontento che serpeggia anche nel Congresso. Non sono solo i democratici a tremare: cresce la fronda interna tra i repubblicani, preoccupati per gli effetti delle nuove tariffe su un’economia già appesantita da inflazione e caro vita. Per molti, i dazi somigliano più a una tassa mascherata che a un volano di rilancio.
La reazione è immediata: il dollaro perde l’1% sull’euro, il Nasdaq arretra del 2%, calano anche i future su Wall Street. E mentre l’amministrazione esclude dagli aumenti alcune categorie chiave – acciaio, alluminio e componenti auto – l’incertezza domina. Il messaggio è chiaro: o con lui, o contro l’America che – a suo dire – sta tornando “nella sua età dell’oro”.
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