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Cronaca
14 Aprile 2025 - 21:50
Foto di repertorio
C’è una buona notizia per milioni di pensionati italiani: nel 2026 gli assegni mensili aumenteranno, anche se di poco. A rivelarlo sono le prime stime contenute nel Documento di finanza pubblica approvato il 9 aprile dal Consiglio dei ministri. Il motivo? Una rivalutazione dello 0,8%, che tiene conto dell’inflazione ancora alta (1,6% a febbraio, 2% a marzo secondo i dati Istat). Ma attenzione: non tutti beneficeranno allo stesso modo. E per i futuri pensionati si profila una spiacevole sorpresa.
La rivalutazione sarà differenziata in base all’importo dell’assegno, secondo le regole già previste dalla legge n. 448 del 1998. In pratica:
Chi percepisce una pensione fino a quattro volte il trattamento minimo Inps (cioè fino a 2.394,44 euro) riceverà il 100% della rivalutazione: lo 0,8% in più ogni mese.
Su una pensione da 2.000 euro, significa +16 euro mensili.
Tra 2.394,45 e 2.993,05 euro, l’incremento sarà pari al 90% dello 0,8%.
Oltre i 2.993,05 euro, si scende al 75% della rivalutazione.
L’aumento coinvolgerà anche le pensioni minime e gli assegni assistenziali. Nel dettaglio:
Il trattamento minimo salirà da 598,61 euro a 604,60 euro al mese.
L’assegno sociale passerà da 534,41 a 539,75 euro.
La pensione di invalidità civile aumenterà da 333,33 a 336,66 euro.
Non è tutto oro quel che luccica. Chi andrà in pensione nel biennio 2025-2026 potrebbe ritrovarsi con un assegno più magro. Il motivo è l’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo, ovvero i parametri che servono a calcolare la pensione nel sistema contributivo.
In pratica: più a lungo si vive, minore sarà la rendita mensile. E siccome l’aspettativa di vita cresce, i coefficienti si abbassano leggermente, portando con sé una penalizzazione automatica per i nuovi pensionati.
A fare il vero “colpo” saranno i pensionati con assegni più bassi, che avranno una rivalutazione piena. Per chi percepisce importi più alti, invece, la rivalutazione sarà parziale e proporzionalmente meno conveniente. Ma è chi andrà in pensione tra un anno o poco più a rischiare di veder scendere la cifra sulla busta, pur avendo lavorato per decenni.
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