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Il caso
16 Aprile 2025 - 06:20
A sinistra, foto di repertorio di un frigorifero. A destra, Eliana Rozio
Quel frigorifero, di marca Lg, era identico a tanti atri presenti ancora oggi nelle case italiane. Ed era ancora in garanzia. Poi, il 27 giugno 2020, ha preso fuoco e le esalazioni emesse nell’incendio hanno ucciso Eliana Rozio, insegnante di 46 anni: «Non deve più succedere ad altri» stringe i pugni la sorella Tiziana. E con lei i suoi avvocati, Renato Ambrosio, Stefano Bertone e Alessandra Torreri: «Domani parte il processo penale, poi avvieremo la causa civile. E puntiamo a un’azione inibitoria che obblighi Lg a ritirare quel modello di frigorifero dalle case italiane e non solo».
Il punto di partenza è quanto successo alle 2.35 di quella notte di quasi cinque anni fa, quando il frigo ha preso fuoco nell’appartamento dei Rozio in via Torino 70 a Beinasco. E le esalazioni hanno ucciso la 46enne Eliana, insegnante di lingue e di sostegno alle scuole medie. Colpa, secondo quanto ricostruito, dalla combustione della scheda madre: da lì sono partite le sostanze nocive che hanno provocato il decesso della professoressa.
Dopo le prime indagini, la Procura aveva chiesto l’archiviazione dell’inchiesta perché sosteneva che non si potesse trovare l’origine del rogo. Ma il giudice ha disposto ulteriori approfondimenti su richiesta degli avvocati della famiglia: «È stato evidente da subito che l’incendio fosse partito dal frigo - ripercorre l’ingegner Luca Marmo, consulente tecnico dei Rozio - Si è poi accertato che quel modello non rispettava i requisiti minimi di sicurezza antincendio definiti dalle norme. In particolare, è stato riscontrato un difetto nella scheda elettronica e uno nel coibente poliuretanico utilizzato per l’isolamento termico. Che conteneva elevate concentrazioni di monossido di carbonio e, soprattutto, di acido cianidrico, gas letale anche in piccolissima quantità». In pratica, è cianuro sotto forma di gas, che può uccidere. E aveva già ucciso, per esempio al cinema Statuto di Torino (dove morirono 64 persone): «Un guasto può succedere ma il produttore deve garantire che l’apparecchio rispetti determinati requisiti e che non bruci - spiega ancora Marmo insieme agli avvocati - La sicurezza degli elettrodomestici è regolata da una serie di norme italiane e comunitarie, che vanno seguite per avere in casa degli elettrodomestici sicuri. Questa inchiesta ha accertato che Lg non lo ha fatto: vanno individuati e sanzionati i responsabili».
Il pubblico ministero Chiara Canepa, che ha condotto le indagini, imputa queste mancanze al 62enne Soo Kim Sung e al 60enne Yong Kim Sang, manager di Lg Electronics Italia all’epoca del decesso della 46enne di Beinasco. Che domani affronteranno l’udienza preliminare del processo in cui sono imputati dei reati di omicidio colposo, incendio colposo e immissione sul mercato di prodotti pericolosi. Cioè quel modello di frigo Lg, che oggi non è più in produzione ma non è mai stato ritirato dal mercato. Quindi, in chissà quante case, ci sono altri frigoriferi come quello dei Rozio (che si costituiranno parte civile): «Il processo penale permetterà di fare piena luce sulla vicenda - concludono gli avvocati - Poi avvieremo la causa civile e un’azione inibitoria che obblighi il fabbricante a ritirare gli esemplari ancora utilizzati: da aziende come Lg, considerate le migliori sul mercato, ci si aspetta altissimi livelli di qualità».
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