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La ricorrenza
28 Aprile 2025 - 18:39
Lo striscione posto su una balconata nel centro città
Il suo calvario durò 47 giorni. Oltre un mese e mezzo in cui Sergio Ramelli alternò momenti di lucidità allo stato di coma. I danni cerebrali erano così profondi da non permettere ai medici di esprimersi circa il recupero delle sue facoltà fisiche se mai si fosse salvato. Ma lui, non si salvò. Morì a Milano a soli 18 anni, il 29 aprile del 1975, vittima di un odio ideologico così profondo da trasformarsi in un agguato punitivo da parte di otto ragazzi, universitari iscritti a Medicina -, che lo colpirono al cranio con una chiave inglese riducendolo in fin di vita. Loro erano quelli di Avanguardia Operaia, Ramelli il “nemico” del Fronte della Gioventù, uno da far fuori perché “uccidere un fascista non è reato”, recitava uno degli slogan dell’estrema sinistra. Ramelli è stato ricordato nei giorni dell'anniversario della suaagonia e della suamorte, con convegni e manifestazioni, ma anche con striscioni posti suibalconi di Torino e manifestiaffissi in città.
Alcuni manifesti, però, sono stati oggetto di vandalizzazione. A denunciarlo, con toni duri, sono gli stessi attivisti di Avanguardia Torino, che hanno già provveduto a ripristinare il manifesto e hanno organizzato una commemorazione serale sul posto. La vicenda riapre un vecchio capitolo della storia politica italiana, quello delle vittime simboliche della violenza politica degli anni di piombo, tra memoria selettiva e scontri ideologici mai sopiti. Il gesto di affiggere un manifesto per Ramelli – figura storicamente commemorata dalla destra neofascista – ha assunto, come spesso accade, una valenza politica e identitaria. Allo stesso modo, la vandalizzazione del cartellone si inserisce in un contesto in cui il ricordo di certi nomi è conteso, divisivo, e carico di tensione.
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