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Il caso

Strage di Erba, la Cassazione conferma l’ergastolo: no alla revisione

Prove ritenute solide e riscontri dettagliati: per i giudici nessun elemento nuovo giustifica un nuovo processo per Olindo e Rosa.

Strage di Erba, la Cassazione conferma l’ergastolo: no alla revisione

La Corte di Cassazione ha pubblicato le motivazioni che confermano la decisione presa il 25 marzo scorso: la richiesta di revisione del processo per la strage di Erba, avanzata dai legali di Rosa Bazzi e Olindo Romano, è stata respinta. I due coniugi restano condannati all’ergastolo per i quattro omicidi avvenuti l’11 dicembre 2006, tra cui quello di un bambino di due anni.

Secondo la Suprema Corte, la condanna si fonda su un impianto probatorio particolarmente robusto, composto da elementi chiave come le confessioni – seppur successivamente ritrattatescritti manoscritti in cui veniva ammessa la responsabilità, la testimonianza oculare di Mario Frigerio e la presenza di tracce di sangue della vittima Valeria Cherubini nell’auto di Olindo. A questi si aggiungono “numerosi e precisi riscontri oggettivi”, come specificato nei documenti ufficiali.

I consulenti della difesa avevano sostenuto che Frigerio non avesse riconosciuto inizialmente l’aggressore e che le neuroscienze escluderebbero la possibilità di identificare in seguito un volto prima ignoto. Ma la Corte ha ribadito che il testimone riconobbe subito Olindo come aggressore, avvicinandosi a lui proprio per la familiarità. Il fatto che non lo avesse immediatamente comunicato, spiegano i giudici, fu legato allo shock e all’incredulità per l’accaduto.

Tra gli elementi presentati dalla difesa c’erano anche ipotesi secondo cui altre persone si sarebbero trovate nell’appartamento al momento del massacro. Tuttavia, la Cassazione ha ritenuto queste ricostruzioni prive di fondamento: basate su testimonianze già valutate, generiche o smentite da fatti concreti.

Infine, i giudici hanno sottolineato che la richiesta di revisione mancava di un’analisi organica e complessiva delle presunte nuove prove, limitandosi invece a una lettura parziale e decontestualizzata. Al contrario, la Corte d’appello di Brescia – cui spettava l’esame preliminare – ha effettuato un confronto tra le prove vecchie e quelle nuove, escludendo ogni valore dimostrativo utile a riaprire il caso.

La decisione, quindi, chiude (almeno per ora) ogni spiraglio per un nuovo processo a carico dei due condannati.

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