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Al centro studi San Carlo

Guerra Israele - Iran, un convegno per cercare di capire

Il convegno sarà introdotto da Beppe Fossati e moderato da Stefano Commodo, autore del testo che segue. Tra i relatori: Claudio Bertolotti e Luigi Chiapperini

Guerra Israele - Iran, un convegno per cercare di capire

Missili su Teheran

La guerra è scoppiata, è devastante ed in gioco ci sono i destini di popoli e nazioni che noi ormai siamo abituati a guardare da lontano come in un film in TV, comodamente rilassati nei nostri salotti, seguendo accese discussioni e confronti che mutano l’orrore in grande spettacolo: noi come dei dell’Olimpo che guardano gli uomini che si affanno ad ammazzarsi, tifando ora per l’uno ed ora per l’altro. E se un missile entrasse dalla nostra finestra panoramica e riducesse tutto, noi compresi, in cenere? Come è possibile che guerre e distruzioni passate vengano dimenticate e governanti - davvero nani al tramonto che si credono giganti...- minaccino “o ti arrendi o ti ammazziamo”?! Non credevamo nella convivenza dei popoli, nel ripudio della guerra e nella soluzione pacifica dei conflitti? Impotenti gli organismi internazionali, sempre pronti a difendere gli interessi dei più forti ai danni dei tanti piccoli, disseminando ingiustizie e focolai di violenza invece di risolvere contrasti. Difficile semplificare percorsi che affondano nella storia, ma neppure si può ridurre tutto all’attualità, perché si rischia di perdere di vista le cause profonde dell’oggi. Cerchiamo quindi di ricordare i punti salienti della convivenza tra arabi ed ebrei, che si è sviluppata dall’inizio del secolo passato con una esiti alterni, tra serena convivenza, come racconta Amos Oz nel bellissimo “Una storia di amore e di tenebra”, e scontri crudeli come ad Hebron, nel 1929, durante la rivolta araba ai tempi del mandato britannico della Palestina, con il massacro di 67 ebrei, quasi tutti disarmati, e le sinagoghe ridotte in cenere ovvero come l’uccisione di cinque ebrei nel kibbutz di Kiryat Anavim nel novembre 1937, cui seguì la reazione dell’Irgun - organizzazione paramilitare ebrea - che provocò l’uccisione di almeno 250 arabi. E l’ Irgun firmò anche l’attentato stragista del 22 luglio 1946 al King David che provocò 91 morti e decine di feriti, peraltro progettato non contro i palestinesi ma contro il comando degli inglesi che, amministrando il territorio, si frapponevano tra arabi ed ebrei.

L’ Irgun, come buona parte dell’estremismo sionista, affermavano il diritto degli ebrei al “Grande Israele“, con i confini di territorio raffigurati nella piantina qui a fianco. Ed è sintomatico che oggi Israele, abbia attraverso i vari conflitti ampliato il proprio territorio: oggi in pratica la Cisgiordania, la zona sud del Libano e le alture del Golan sono sotto il suo controllo militare, con buona pace della retorica dei “due popoli e due stati” tanto cara agli europei. Si potrebbe continuare nella descrizione di reciproci attacchi, attentati ed atrocità, ma è evidente che c’è sempre stata - come spesso in conflitti simili, pensiamo alla vicenda irlandese - l’opera continua di chi ha saputo soffiare sul fuoco per allontanare le due comunità e far dimenticare quella possibile convivenza che Amos Oz descrive nel libro citato prima. Significativo di tale progetto fu l’uccisione da parte dell’Irgun di Folke Bernadotte, mediatore delle Nazioni Unite, a Gerusalemme nel 1948, che era stato inviato dalle Nazioni Unite per mediare tra israeliani e palestinesi dopo la guerra arabo-israeliana del 1948. Veniamo però all’oggi e ricordiamo che l’attacco di Israele all’Iran arriva dopo la carneficina del 7 ottobre 2023 e dopo la dura reazione di Israele a Gaza e nel Libano, con una pressione militare che tuttora prosegue sulla popolazione civile, con stragi giornaliere nei luoghi di distribuzione di aiuti gestiti da una società privata Israelo-americana dopo che gli enti internazionali sono stati espulsi dal governo israeliano. In questo quadro si inserisce l’attacco di Israele all’Iran, giustificato dal timore di Netanyahu del possesso e dell’uso della bomba atomica? Però l’Iran non ha questo strumento di morte, che invece pare abbia Israele seppur senza dichiararlo ufficialmente, e secondo i tecnici indipendenti non potrebbe averla se non tra diversi anni. Il richiamo al “rischio bomba” ricorda quindi le armi di distruzione di massa paventate dagli USA per falsamente giustificare l’occupazione dell’Iraq.

Gli Ayatollah iraniani non godono certo le nostre simpatie, rappresentando un potere che sta opprimendo il proprio popolo, ma non dimentichiamo che il fondatore di quel potere, Komeini, fu portato a Teheran con un volo della Air France tra gli alleluja dell’Occidente, che crede sempre di poter manipolare i destini delle nazione ed invece produce mostri. L’attacco di Netanyahu è arrivato mentre Trump stava negoziando un nuovo accordo sul nucleare con l’Iran e verosimilmente ha avuto l’obiettivo, pare raggiunto, di impedire ogni accordo. Il silenzio ed anzi la complicità degli stati arabi sunniti sembra confermare che l’iniziativa di Israele risponda ad una intesa territoriale, una sorta di rivisitazione degli “Accordi di Abramo” in cui si inserisce il ridimensionamento dell’Iran come potenza dell’area. Da più parti, anche autorevoli come il Cancelliere tedesco Merz, si afferma che “Netanyahu sta facendo il lavoro sporco per noi”, ma siamo certi di tale assioma? E quali potranno essere gli scenari che potrebbero consolidarsi dopo le stragi e le sofferenze. Queste domande verranno affrontate per consentire un prima riflessione, in un convegno organizzato dalla Fondazione QuartoPotere e dall’associazione Rinascimento Europeo che si terrà mercoledì 25 giugno alle h. 17,30 presso il Centro Studi San Carlo, in via Monte di Pietá n. 1 a Torino. Interverranno due esperti di geopolitica e strategie militari: Claudio Bertolotti, Direttore ed Analista di START InSight, e Luigi Chiapperini, già Generale C.A. e membro del Centro Studi dell’Esercito Italiano. Entrambi i relatori sono noti al pubblico italiano perché spesso intervistati su questi temi dai media e perché presenti in modo autorevole in varie trasmissioni televisive. L’incontro è organizzato come “dibattito pubblico” per consentire una partecipazione diffusa e consentire a chi vorrà di esprimere la propria posizione con interventi sintetici (un minuto) che consentiranno ai relatori di poter dare una informazione seria ed articolata su una vicenda complessa in cui tutti abbiamo difficoltà ad orientarci.

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