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Il borghese
21 Giugno 2025 - 05:00
Un missile israeliano colpisce un obiettivo a Teheran
Il cielo di Teheran illuminato dall’operazione Rising Lion non è soltanto l’atto di un conflitto bellico, ma il grido disperato e necessario di un popolo che da decenni vive sotto l’incubo dell’annientamento. Israele non ha scelto la guerra: gli è stata imposta da un regime, quello iraniano, che da quarant’anni ne predica apertamente la distruzione totale, considerandola una questione di fede oltre che politica. La minaccia esistenziale, confermata in modo inquietante dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica, che certifica l’accumulo di uranio arricchito sufficiente a costruire quasi dieci testate nucleari, non poteva restare senza risposta. Netanyahu, primo ministro israeliano spesso contestato, ha fatto ciò che doveva fare, ricevendo il consenso unanime di un Paese solitamente diviso. Perfino l’opposizione nel Knesset, rappresentata da Yair Lapid, Benny Gantz e Avigdor Liberman, ha messo da parte rivalità e polemiche interne per convergere su una decisione che riguarda la sopravvivenza stessa dello Stato di Israele. Lapid stesso, non certo un simpatizzante del governo Netanyahu, ha dichiarato che per la prima volta in dieci anni c’è unanimità su un punto fondamentale: Israele non aveva altra scelta che intervenire, malgrado il prezzo doloroso da pagare. Mentre a Tel Aviv e Gerusalemme prevale il senso di responsabilità nazionale, con il riconoscimento della necessità dell’intervento militare, in Italia buona parte della sinistra continua a dare prove di cecità politica e morale.
In larghissima misura i progressisti italiani criticano Netanyahu come fosse il solo artefice di una crisi che, in realtà, è maturata nel tempo a causa delle minacce incessanti di Teheran. Altri esponenti di sinistra, addirittura, si schierano apertamente con l’Iran, dimenticando volutamente il volto feroce di una dittatura clericale, responsabile di persecuzioni sistematiche nei confronti delle donne, degli omosessuali e di ogni dissidente politico. Si tratta di una forma di relativismo etico e politico aberrante, che preferisce ignorare realtà scomode come gli omosessuali impiccati pubblicamente alle gru o le donne torturate e uccise per aver indossato male il velo. L’Occidente non può permettersi l’ipocrisia di fingere che Israele stia attaccando un nemico immaginario. L’Iran è da decenni una minaccia concreta non solo per lo Stato ebraico, ma per tutto il mondo libero. Come ha sottolineato l’ex ministro israeliano Lapid, se Teheran dovesse acquisire definitivamente la bomba atomica, si scatenerebbe una corsa nucleare devastante in tutto il Medio Oriente, coinvolgendo nazioni come Egitto, Turchia, Arabia Saudita e persino gli Emirati Arabi. Questo scenario apocalittico dimostra chiaramente che la sicurezza di Israele coincide con la sicurezza globale. La sinistra italiana e i giornaloni che la sostengono preferiscono ignorare questi fatti e puntare il dito contro Netanyahu, differenziando strumentalmente la sua figura da Israele, strumentalizzando persino la tragedia del 7 ottobre come se fosse un errore israeliano cercare di sradicare Hamas da Gaza, invece di ricordare che Israele è stato vittima di un massacro terroristico senza precedenti, alimentato proprio da Teheran. Paradossalmente, mentre molti intellettuali europei condannano Israele, gli stessi cittadini iraniani, quelli autenticamente oppressi, guardano con speranza e solidarietà verso Gerusalemme, consapevoli che la caduta degli ayatollah rappresenterebbe l’unica vera possibilità di libertà. Manifestazioni e scioperi contro il regime si moltiplicano in Iran, sintomo evidente di una popolazione stanca di repressioni e abusi sistematici. Israele, dunque, non sta combattendo soltanto per sé stesso. Sta conducendo una battaglia esistenziale per tutti coloro che credono nella libertà e nella democrazia, contro una dittatura fanatica che ha fatto dell’odio verso il diverso il proprio marchio di fabbrica. Il coraggio di Israele, contrapposto alla miopia della sinistra italiana, è il coraggio della verità contro l’ipocrisia, della libertà contro la barbarie. È la guerra che nessuno avrebbe voluto combattere, ma che non si poteva evitare.
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