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Clima e agricoltura
23 Giugno 2025 - 13:15
Le conseguenze dei cambiamenti climatici si fanno sentire anche nei campi: temperature elevate, spesso accompagnate da lunghi periodi di siccità, compromettono il ciclo vitale delle piante, dalla germinazione fino alla maturazione. Il risultato? Fiori sterili e raccolti ridotti drasticamente, in particolare per coltivazioni fondamentali come grano e mais.
Il mondo della ricerca scientifica si sta mobilitando per rispondere a questa emergenza. Una delle strade più promettenti è la selezione genetica di varietà più resistenti, ispirandosi alle wild relative, ossia alle versioni selvatiche delle piante coltivate, naturalmente più adattabili. Il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) evidenzia come il clima stia modificando anche la geografia agricola italiana: se al Sud, come in Sicilia, si iniziano a coltivare mango e avocado, nel Nord si sperimentano alternative più resistenti come il sorgo.
"Con l’aumento delle temperature, le piante vanno incontro a un forte stress, che si manifesta a livello morfologico, fisiologico e biochimico", spiega Francesca Bretzel, ricercatrice dell’Istituto per la ricerca sugli ecosistemi terrestri del CNR. Tra i processi più colpiti c’è la fotosintesi, rallentata dalla riduzione della superficie fogliare e dal loro invecchiamento precoce. A peggiorare la situazione, la diffusione di parassiti, spesso privi di antagonisti naturali.
Le piante reagiscono attivando meccanismi di difesa come la produzione di fitormoni e antiossidanti, ma questi sistemi non bastano. Per questo la ricerca interviene non solo con nuove varietà, ma anche attraverso trattamenti specifici su semi e foglie per aumentare la resilienza delle colture.
Tra le strategie agronomiche adottate per affrontare il caldo ci sono tecniche come la pacciamatura (coprire il terreno con materiale organico o inorganico per limitarne il riscaldamento) e il cover cropping, ovvero la semina di colture erbacee tra i filari per migliorare l’infiltrazione dell’acqua e ridurre l’erosione del suolo.
Un altro fronte d’intervento è la fertilità del suolo. Alcuni studi del CNR-Iret si concentrano proprio su questo. "Stiamo analizzando come l’aggiunta di materia organica e microrganismi benefici influenzi la qualità del terreno e la produttività di colture tipiche come la vite e le piante aromatiche", continua la ricercatrice. I primi risultati sono positivi: si osservano aumenti nei nutrienti del suolo, nella resa agricola e nella qualità organolettica dei prodotti finali.
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